Bolsonaro condannato a 27 anni di carcere: il Brasile diviso da una sentenza storica

La decisione della Corte Suprema apre una nuova fase di polarizzazione politica.

Jair Bolsonaro

La Corte Suprema del Brasile ha emesso una sentenza storica, condannando l’ex presidente Jair Bolsonaro a 27 anni e tre mesi di carcere per il tentato golpe seguito alla sua sconfitta elettorale nel 2022. La decisione, che ha scosso il panorama politico brasiliano, ha generato reazioni contrastanti, con sostenitori e oppositori dell’ex presidente scesi in piazza in tutto il Paese.

Il settantenne Bolsonaro è stato giudicato colpevole di aver cercato di mantenere illegalmente il potere dopo aver perso le elezioni presidenziali contro l’attuale presidente Luiz Inácio Lula da Silva. La sentenza, letta dal giudice Alexandre de Moraes, prevede 24 anni e nove mesi di reclusione e due anni e sei mesi di detenzione, segnando un momento cruciale per la democrazia brasiliana.

Una sentenza storica

La condanna è stata decisa dalla Prima sezione della Corte Suprema Federale (STF), con quattro dei cinque giudici che hanno votato a favore. Bolsonaro è accusato di tentato colpo di stato, organizzazione criminale, abolizione violenta dello stato di diritto, danneggiamento aggravato e deterioramento del patrimonio storico. Insieme a lui, sono stati condannati tre generali, un ammiraglio, un tenente colonnello e due civili, ritenuti complici nella cospirazione.

Nonostante le accuse, Bolsonaro ha sempre proclamato la sua innocenza. I suoi avvocati hanno annunciato un immediato ricorso, mentre il figlio, il senatore Flávio Bolsonaro, ha dichiarato che il padre “mantiene la testa alta” di fronte a quella che definisce una “persecuzione”. Il partito dell’ex presidente e i suoi alleati promettono di combattere per un’amnistia parlamentare, un progetto che mira a unire le forze conservatrici.

Divisioni e proteste

La sentenza ha diviso profondamente il Brasile, con manifestazioni di giubilo da parte dei sostenitori di Lula e proteste accese da parte dei seguaci di Bolsonaro. Nelle principali città, come Brasília, San Paolo e Rio de Janeiro, le piazze si sono riempite di slogan, danze e cori, da un lato per celebrare la condanna, dall’altro per denunciare quella che i bolsonaristi considerano una “caccia alle streghe”.

Il processo ha anche avuto ripercussioni internazionali, in particolare nei rapporti tra Brasile e Stati Uniti. Il presidente americano Donald Trump, alleato di Bolsonaro, ha reagito imponendo una sovrattassa del 50% sulle esportazioni brasiliane e sanzioni finanziarie contro il giudice Alexandre de Moraes, accusandolo di guidare una persecuzione politica. Washington ha inoltre revocato i visti a diversi giudici della Corte Suprema brasiliana.

Un Paese polarizzato

Il giudice Moraes, primo a votare per la condanna, ha sottolineato la gravità del tentativo di golpe, affermando che il Brasile ha rischiato di “tornare a essere una dittatura”. La sua posizione è stata condivisa dal giudice Flávio Dino, ex ministro della giustizia di Lula, che ha ribadito l’impossibilità di concedere amnistia per reati di tale portata. Il voto del terzo magistrato, Luiz Fux, è stato celebrato dai sostenitori di Bolsonaro come un possibile spiraglio per ricorsi futuri.

Attualmente, Bolsonaro è agli arresti domiciliari a Brasília per motivi di salute, secondo quanto riferito dalla sua difesa, e non ha partecipato alle udienze. Il quinto giudice, Cristiano Zanin, ex avvocato di Lula, deve ancora esprimere il suo voto, ma la condanna appare ormai certa.

Crisi diplomatica e futuro politico

L’affare Bolsonaro ha generato una crisi senza precedenti tra Brasile e Stati Uniti, con ripercussioni economiche e diplomatiche. La sovrattassa imposta da Trump rischia di colpire duramente l’economia brasiliana, già fragile, mentre le sanzioni contro i giudici brasiliani hanno alimentato tensioni internazionali.

Nel frattempo, la corrente conservatrice brasiliana sta lavorando a una legge di amnistia per il loro leader, un’iniziativa che potrebbe ulteriormente polarizzare il Paese a meno di un anno dalle elezioni presidenziali del 2026. La sentenza rappresenta un “terremoto politico” che potrebbe ridefinire gli equilibri di potere in Brasile, con un’opinione pubblica profondamente divisa e un futuro incerto per l’ex presidente.