Bruxelles scatena la guerra della erbe, la Sicilia tra le maggiori vittime

Bruxelles scatena la guerra della erbe, la Sicilia tra le maggiori vittime
14 marzo 2016

di Filippo Caleri

Nel paese dei Guelfi e Ghibellini, delle diatribe infinite e di ogni possibile motivo per dividersi c’è un nuovo capitolo di discussione: la guerra sottile tra il pesto genovese e la carne alla pizzaiola. O meglio la disputa, per ora solo incrociata, tra basilico e origano. E non sulla bontà o la denominazione d’origine ma solo sul diverso livello di tassazione Iva ai quali i due alimenti sono soggetti. L’ennesimo caso nel quale la burocrazia europea si aggroviglia e si ingarbuglia con quella italiana. La storia inizia da Bruxelles e dalla sua richiesta di adeguare l’imposta sul valore aggiunto per il basilico dall’attuale fascia agevolata, il 4%, al più rotondo 10%. Una modifica che il Parlamento ha inserito nel testo delle “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea” al cui articolo 10 si legge: “L’innalzamento della tassa vale non solo per il basilico, ma anche per rosmarino e salvia freschi destinati all’alimentazione”.

Si tratta della classica incompatibilità delle nostre norme con l’ordinamento comunitario e, senza l’adeguamento, il rischio è quella di vedersi appioppata l’ennesima procedura di infrazione da parte della Commissione. Non si scappa. Sebbene questi prodotti rappresentino alimenti tipici della cucina mediterranea e l’innalzamento dell’imposta si tradurrà in maggiori costi per massaie e cuochi, a Bruxelles preme più rendere omogeneo il fisco nel mercato interno. Ma non è finita. Sì perché la parlamentare Pd di Scicli, in provincia di Ragusa, Venere Padua, senatrice alla Commissione Agricoltura solleva il caso dell’origano iper tassato dagli scranni parlamentari: “Se il basilico è agevolato nell’imposizione fiscale, perché un suo parente stretto come l’origano viene costretto a pagare il 22% sul valore?”. Non è una bazzecola nel calcolo dei costi industriali.

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La stessa senatrice spiega che “al contrario di quanto alcuni vorrebbero far credere, la questione è tutt’altro che marginale, nell’universo dell’agricoltura, spesso dimenticato o sottovalutato. Innanzitutto solo per fare un esempio, in Sicilia, ad oggi, ci sono circa 200 ettari di superficie a origano e siano interessati circa 50 produttori, oltre a diversi piccoli appezzamenti (inferiori a un ettaro) coltivati da altri produttori. In media, ogni ettaro di origano produce circa 10 quintali di prodotto secco che viene venduto a circa 8 euro al chilo. Facendo due conteggi, solo in Sicilia, il settore crea una produzione vendibile di circa 1,6 milioni di euro, sul quale incide al 22% un volume di Iva pari a 352 mila euro. Al 4% avremmo un’incidenza di 64 mila, con un risparmio di ben 288 mila euro”. Un ragionamento economico che non fa una piega e spiega la determinazione della senatrice. Che chiede il perché della disparità di trattamento. Mistero presto risolto. Il legislatore fiscale, elencando le spezie con aliquota ridotta (rosmarino, basilico e salvia) si è semplicemente dimenticato l’origano. Una risoluzione della Agenzia delle Entrate del 2006 afferma che “non essendo specificamente menzionato l’origano tra i prodotti di cui al n. 12-bis della Tabella A parte II del Dpr 633/72 (che regola l’Iva ndr) ai fini dell’applicazione dell’aliquota Iva ridotta, alla cessione di tale prodotto è applicabile l’aliquota ordinaria”.

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Dunque non il 4% ma il 22%. Per la Padua “evidentemente una semplice dimenticanza perché l’origano è una pianta agricola a tutti gli effetti e quindi deve essere tassata come le altre”. Da qui la lotta per sanare l’incongruenza che la piddina porta avanti da tempo. Già con la senatrice Pignedoli presentò alla legge di stabilità 2015 un solo emendamento che prevedeva “un’aliquota fiscale agevolata al 4% anche per l’origano a rametti o sgranato, equiparando, così, la percentuale già in vigore per rosmarino, salvia e basilico”. Non se ne fece nulla. Ma ora la battaglia è tornata di nuovo in Parlamento e per sciogliere il nodo la Commissione Agricoltura del Senato si è rivolta direttamente al ministro competente, quello dell’Agricoltura, Maurizio Martina, inviando la richiesta di un parere sul tema. Un quesito già arrivato sul tavolo dei tecnici e che dovrà presto avere una risposta. Non prima però di aver fatto i conti e dunque con l’intervento della Ragioneria di Stato che dovrà capire se l’incremento di gettito determinato dalla maggiore imposta sul basilico sia compensato dal calo dei gettito sull’origano. Insomma la guerra delle erbe non è ancora finita.

 

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