Conte vs Frontex più forte, ma a Salisburgo nessun passo avanti

21 settembre 2018

Il vertice informale dei capi di Stato e di governo a Salisburgo non delude le aspettative della vigilia: nessun passo avanti sul tema della gestione europea dei migranti. Lo dice la cancelliera tedesca Angela Merkel al termine del summit e lo conferma anche il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. L’attuazione delle conclusioni del Consiglio europeo di giugno sulla redistribuzione su base volontaria dei migranti, considerate dall’esecutivo giallo-verde una grande vittoria per il nostro Paese, è ancora lontana.

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Nonostante ciò, “l’avvocato degli italiani” non alza i toni con i leader europei, si mette di traverso solo sul rafforzamento di Frontex voluto da Jean Claude Juncker, mentre apre all’ipotesi di un contributo in termini finanziari da parte dei Paesi che non vorranno partecipare alla redistribuzione. “E’ un meccanismo – ammette Conte – che un po’ immiserisce la prospettiva su cui stiamo lavorando”, ma “se si dovesse mai arrivare a quello, per alcuni Paesi, non per la gran parte perché sarebbe inaccettabile, sicuramente dobbiamo pensare a seri meccanismi incentivanti e disincentivanti dal punto di vista finanziario”. Parole che cambiano la linea tenuta dai suoi predecessori, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, che si sono sempre opposti al piano lanciato per la prima volta dalla presidenza slovacca dell’Ue nel 2016.

Un piano che non convince la Merkel (“Non sono contenta del concetto di solidarietà flessibile”, ha detto) ma che marcoledì il presidente della Commissione europea ha rilanciato facendolo rimbalzare prima al tavolo della cena della vigilia al Felsenreitshule theatre e poi ieri alla riunione al Kammermusiksaal/Solitar della Mozarteum University. “Non è quella la solidarietà che io voglio”, precisa Conte. “Abbiamo sempre detto – aggiunge – che solidarietà significa un meccanismo condiviso di redistribuzione, uno sforzo collettivo sin dalle operazioni di salvataggio. Considerare l’aspetto dei contributi volontari non è l’obiettivo a cui miro e miriamo. Se poi alla fine si arriverà a quello lo valuteremo”. I toni più risoluti di Conte sono sulla proposta di rafforzare Frontex, benedetta da Macron e dalla Merkel.

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Al premier italiano non piace, lo dice chiaramente. Le ragioni sono economiche, tecniche e politiche. Il capo del governo M5s-Lega mette in dubbio l’utilità dell’investimento di 11 miliardi per aumentare da 1.500 a 10mila gli uomini da schierare sulle frontiere. A cosa servono tutti questi uomini davanti alle coste libiche – è il suo ragionamento – se comunque l’indirizzo della giurisprudenza della corte di giustizia europea dice che i migranti vanno soccorsi? “O ci sono 50 navi o ce n’è una sola della Guardia costiera italiana non cambia nulla, devo prenderli e soccorrerli”. Per il premier “tutti questi investimenti pensati per Frontex potrebbero invece essere destinati al fondo per l’Africa. Insomma non c’è un orientamento sfavorevole verso Frontex, ma progettare una tale investimento in questi termini qualche dubbio sull’utilità lo suscita”.

E poi “c’è un problema sullo sfondo più squisitamente politico: il dispiegamento di mezzi e uomini significa un’invasione della sovranità. Tutti gli stati membri sono gelosi della propria sovranità e l’Italia non è da meno”. Rifiuta invece l’interpretazione del cancelliere austriaco Kurz, secondo cui l’Italia non vuole Frontex per tenere larghe le maglie dei controlli e lasciar passare la frontiera ai migranti che non vogliono fermarsi nel nostro paese. “Perseguiamo una politica sull’immigrazione che ci fa andare a testa alta in Europa, non abbiamo bisogno di questi mezzucci, non accetto neppure che si possa star lì a discutere su questi aspetti”. Conte torna a Roma subito dopo la conferenza stampa, ad attenderlo i nodi della manovra e il decreto Salvini. L’appuntamento sul tema migranti è al Consiglio europeo di metà ottobre dove, confida il governo italiano, potrebbe arrivare qualche decisione più concreta: “Più ritardiamo più siamo in difficoltà. Tutti”, dice Conte.

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