Cronaca

Terremoto nella Sanità siciliana, in manette il coordinatore emergenza Covid

Terremoto nella Sanità siciliana. La Guardia di finanza di Palermo ha arrestato 10 persone con l’accusa di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, induzione indebita a dare o promettere utilità, istigazione alla corruzione, rivelazione di segreto di ufficio e turbata libertà degli incanti. Per due invece è stato disposto il divieto temporaneo di esercitare attività professionali, imprenditoriale e pubblici uffici.

In manette, tra gli altri, è finito pire Antonio Candela attuale Coordinatore della struttura regionale per l’emergenza Covid-19, già Commissario Straordinario e Direttore generale dell’APS 6 di Palermo. Oltre a lui, sono finiti in manette Fabio Damiani, attuale Direttore generale dell’ASP 9 di Trapani; Salvatore Manganaro, faccendiere di riferimento di Damiani; Francesco Zanzi, amministratore delegato della Tecnologie Sanitarie S.p.a.; Roberto Satta, responsabile operativo della Tecnologie Sanitarie S.p.a.; Angelo Montisanti, responsabile operativo per la Sicilia di SIRAM S.p.a. e amministratore delegato di SEI Energia s.c.a.r.l.; Crescenzo De Stasio, direttore unità business centro sud di SIRAM S.p.a.; Ivan turola; referente occulto di FER.CO. s.r.l.; Salvatore Navarra, Presidente del consiglio di amministrazione di PFE S.p.a.. Il gip di Palermo ha disposto anche il sequestro di 7 società, con sede in Sicilia e Lombardia, nonché di disponibilità finanziarie per 160.000 euro, quale ammontare allo stato accertato delle tangenti già versate: le tangenti promesse ai pubblici ufficiali raggiungono, però, una cifra pari ad almeno 1.800.000 euro.

Le indagini delle Fiamme gialle palermitane hanno consentito di ipotizzare l’esistenza di un centro di potere composto da faccendieri, imprenditori e pubblici ufficiali infedeli. Le fasi del sistema corruttivo ruotavano intorno alle gare indette dalla Centrale Unica di Committenza della Regione Siciliana e dall’ASP 6 di Palermo, svelando le trame sottese all’accaparramento di appalti milionari del settore sanitario siciliano. Nello specifico sono state analizzate 4 procedure ad evidenza pubblica interessate da condotte di turbativa, aggiudicate a partire dal 2016, il cui valore complessivo sfiora i 600 milioni di euro e relative alla gestione e manutenzione di apparecchiature elettromedicali – bandita dall’ ASP 6 del valore di 17.635.000 euro; la manutenzione di apparecchiature elettromedicali – bandita dalla CUC del valore di 202.400.000 euro; la fornitura di vettori energetici, conduzione e manutenzione impianti tecnologici – bandita dal ASP 6 del valore di 126.490.000 euro, la pulizia per gli enti del servizio sanitario regionale – bandita dalla CUC del valore di 227.686.423 euro.

Le spregiudicate condotte illecite avrebbero garantito l’arricchimento personale dei pubblici ufficiali infedeli e dei loro intermediari, mediante l’applicazione di un tariffario che si aggirava intorno al 5 % del valore della commessa aggiudicata. Coloro che vincevano le gare, importanti società di livello nazionale, erano consapevoli e partecipi delle dinamiche criminali, dalle quali traevano un vantaggio che avrebbe remunerato nel tempo il pagamento delle tangenti. Lo schema illecito appariva consolidato: l’imprenditore interessato all’appalto avvicinava il faccendiere, noto interfaccia del pubblico ufficiale corrotto; il faccendiere, d’intesa con il pubblico ufficiale, concordava con l’impresa corruttrice le strategie criminali per favorire l’aggiudicazione della gara; la società, ricevute notizie dettagliate e riservate, presentava la propria “offerta guidata”, che sarebbe poi adeguatamente seguita fino all’ottenimento del risultato illecito ricercato. Le condotte scorrette emerse nel corso delle aste riguardano l’attribuzione di punteggi discrezionali, non riflettenti il merito del progetto presentato; la sostituzione delle buste contenenti le offerte; il pagamento di stati avanzamenti lavoro anche in mancanza della documentazione giustificativa necessaria; la diffusione di informazioni riservate, coperte da segreto di ufficio.

I pagamenti delle tangenti in alcuni casi avvenivano con la classica consegna di denaro contante nel corso di incontri riservati, ma molto più spesso venivano invece mimetizzati attraverso complesse operazioni contabili instaurate tra le società aggiudicatarie dell’appalto e una galassia di altre imprese, intestate a prestanomi, ma di fatto riconducibili ai faccendieri di riferimento per i pubblici ufficiali corrotti. Per rendere ancora più complessa l’individuazione del sistema criminale, gli indagati si erano spinti fino alla creazione di trust fraudolenti, con l’obiettivo di schermare la reale riconducibilità delle società utilizzate per le finalità illecite.

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