“Corvi neri”, superserie tv di Dubai contro lo Stato islamico

26 maggio 2017

“Corvi neri” è il titolo di una serie televisiva prodotta da un gruppo audiovisivo degli Emirati arabi uniti per descrivere senza eufemismi l’universo crudele e violento delle donne che hanno abbracciato la causa dell’Isis. Gli episodi verranno trasmessi in occasione del Ramadan, nel calendario musulmano, il mese lunare di penitenza, nel corso del quale si osserva l’astensione quotidiana, dall’alba al tramonto, da cibi, bevande e rapporti sessuali. Il progetto è nato negli studi del gruppo Mbc, la prima società di radiodiffusione privata satellitare del mondo arabo. La società, costituita a Londra nel 1991 e poi trasferita a Dubai nel 2002, comprende 10 canali televisivi e due canali radiofonici e negli ultimi 20 anni è diventata uno dei principali operatori mediatici degli Emirati arabi. La superproduzione “Corvi neri”, costata 10 milioni di dollari, un anno di ricerche e sei mesi di riprese, parte in grande stile dopo un lancio pilota del 2015 e descrive le violenze commesse dalle donne dello Stato islamico, arruolatesi sotto le bandiere del presunto “califfato” autoproclamato dai miliziani di al Baghdadi all’interno delle aree conquistate in Iraq e in Siria nell’estate del 2014.

“Abbiamo fatto molte ricerche per preparare una sceneggiatura realistica, al fine di produrre un impatto sulla coscienza degli spettatori riflettendo l’orrore del terrorismo e dei metodi impiegati per reclutare adepti”, racconta Mazen El-Hayek, portavoce del gruppo Mbc. Nei diversi episodi della serie, girata per lo più in Libano con attori provenienti da diversi paesi arabi, si vedono l’esecuzione a sangue freddo di un’ispettrice di polizia e di una commerciante la cui unica colpa era quella di proporre la vendita di piatti con la riproduzione di animali oppure perquisizioni di donne rimproverate perché non portano guanti e per l’utilizzo di cellulari telefonici, considerati “strumenti di Satana”. In una puntata si vedono anche dei bambini soldati addestrarsi al tiro con armi da fuoco su un gruppo di prigionieri dell’Isis. Secondo Fadi Ismail, direttore generale della società di produzione, le scene più scioccanti devono colpire o sconvolgere gli spettatori ma non lasciarli mai indifferenti. “Ci siamo resi conto che i media arabi non possono restare passivi di fronte alle organizzazioni terroristiche che utilizzano i propri mezzi di produzione audiovisiva come strumenti fondamentali nella loro guerra contro il resto del mondo”, sottolinea El-Hayek.

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