Politica

I disparati appelli al Papa per risolvere il rebus venezuelano

Papa Francesco “si è sempre riservato e dunque si riserva la possibilità di verificare la volontà di ambedue le parti accertando se esistano le condizioni per percorrere questa via”. Il direttore ad interim della sala stampa vaticana della Santa Sede, Alessandro Gisotti, risponde così alle domande dei giornalisti sulla crisi in Venezuela, dopo che sono fioccate ipotesi di una mediazione vaticana.

Nei giorni scorsi il presidente Nicolas Maduro aveva detto a SkyTg24 di avere inviato una lettera al Papa “dicendo che io sono al servizio della causa di Cristo” e “con questo spirito – proseguiva il contestato leader venezuelano – gli ho chiesto aiuto, in un processo di facilitazione e di rafforzamento del dialogo”. Oggi, sempre ai microfoni di SkyTg24, è l’autoproclamato presidente Juan Guaidò, riconosciuto da molte cancellerie occidentali, a fare “un appello affinché tutti quelli che possono aiutarci, come il Santo Padre, come il resto della Diplomazia, possano collaborare per la fine dell’usurpazione, per un governo di transizione, e a portare a elezioni veramente libere in Venezuela, al più presto”.

Già al ritorno dal viaggio di fine gennaio a Panama, a pochi giorni dall’esplosione della crisi, il Papa aveva chiesto, con una posizione non allineata all’opposizione venezuelana, “unasoluzione giusta e pacifica”, confessando di essere spaventato dallo “spargimento di sangue” e spiegando che “se c’è bisogno di un aiuto, che di comune accordo lo chiedano”. Una linea esplicitata ed articolata sul volo di ritorno da Abu Dhabi, pochi giorni fa, dopo che era uscita la notizia della lettera di Maduro: “Vedremo cosa si può fare”, ha commentato con prudenza il Pontefice argentino. “Ma perché si faccia una mediazione, ci vuole la volontà di ambedue le parti: saranno ambedue le parti a chiederla. Questa è una condizione che li deve fare pensare prima di chiedere una facilitazione o una presenza di un osservatore o una mediazione. Ambedue le parti, sempre”. Ora in qualche modo anche Guaidò si unisce la richiesta. Dalle parole del portavoce vaticano traspare, comunque, una saggezza guardinga. Se la diplomazia si fa a “piccoli passi”, chiosa Vatican News, è necessario verificare l`intenzione delle parti di voler dialogare.

E del resto, ricorda sempre il sito informativo vaticano, rimandando all`impegno della Segreteria di Stato nella crisi venezuelana, Francesco, sul volo di ritorno dagli Emirati Arabi Uniti, non ha nascosto i pochi risultati raggiunti in passato nei colloqui a Santo Domingo tra governo e opposizione, mediati dall`ex presidente spagnolo Zapatero, rappresentante dell`Unasur, l`Unione delle Nazioni del Sudamerica. Allora anche la diplomazia vaticana si diede da fare prima con monsignor Emil Paul Tscherring, oggi Nunzio Apostolico in Italia e nella Repubblica di San Marino, poi con mons. Claudio Maria Celli, una lunga carriera in Segreteria di Stato. “E lì – ha detto Francesco sul volo per Roma – è stato partorito un topino: niente, fumo”.

Più recentemente, a maggio 2017, Francesco esortava, in una lettera ai vescovi venezuelani, a costruire ponti, risolvere i gravi problemi del Paese, esprimendo “profondo dolore per gli scontri e la violenza” che, stando alle recenti stime dell`Alto Commissariato Onu per i Diritti Umani, sono costate la vita negli ultimi giorni a 43 persone con circa 850 arresti. In quelle settimane il cardinale Pietro Parolin spiegò che la Santa Sede continuava a credere “che un serio e sincero negoziato tra le parti, sulla base di condizioni molto chiare, a partire dalla celebrazione delle elezioni costituzionalmente previste, potrebbe risolvere la difficile situazione del Venezuela e la sofferenza al quale è sottoposta la popolazione”. E i destini della popolazione continuano ancora oggi, dopo la discussa rielezione di Maduro, ad essere il punto focale per la diplomazia vaticana. I vescovi, da parte loro, sono schierati all’opposizione.

In un`intervista a “Il Fatto Quotidiano”, il cardinale Baltazar Enrique Porras Cardozo, arcivescovo di Mérida, ha raccontato che “il Paese è allo stremo”, mancano acqua potabile, elettricità, farmaci e cibo. L`amministratore apostolico di Caracas sottolinea come i vescovi sentano la vicinanza del Papa, “interessato da sempre al Venezuela” e costantemente informato su quanto accade. “Ciò che vogliamo tutti – sottolinea – è rafforzare la fratellanza dei venezuelani” che “non vogliono aprire una ferita che non si rimarginerà mai”. “In gioco – conclude il cardinale – c`è una cosa preziosa: l`unità del Paese”. I vescovi del Paese insistono per una soluzione pacifica “Non vogliamo uno spargimento di sangue, per nessuna ragione al mondo”. Così nei giorni scorsi mons. José Trinidad Fernández, vescovo ausiliare di Caracas e segretario generale della Conferenza episcopale venezuelana (Cev), al termine di una conferenza stampa attraverso la quale la Chiesa venezuelana si è espressa ancora una volta sulla situazione del Paese.

“Sappiamo che quella venezuelana è gente pacifica, serve una soluzione negoziata e pacifica, che rispetti tutti. Vale particolarmente in questo momento il comandamento `non uccidere` e questo dev`essere un processo di pace, non di guerra”. “Certo – prosegue il segretario generale della Cev – “la nostra è una richiesta di dialogo e lo abbiamo ribadito tante volte nei nostri pronunciamenti. Un dialogo che deve portare a quella transizione pacifica e a quel cambiamento politico che il popolo sta chiedendo. Un cambiamento politico, per andare a elezioni chiare e trasparenti”. Oltre a questo, la Chiesa venezuelana continua a segnalare la situazione drammatica della popolazione, la mancanza di cibo e medicine, “è fondamentale aprire il Paese agli aiuti umanitari, siamo in una situazione drammatica, inaudita, i bimbi sono denutriti e mancano i farmaci di base, quelli più comuni”. “Noi vescovi siamo ispirati – ha sottolineato il presule – dal recente Messaggio del Papa per la Giornata della pace, nel quale si parla dell`esigenza di una buona politica a servizio della pace. E quello che cerchiamo di fare in questo momento, nel quale il tessuto sociale va riorganizzato. Non vogliamo più vedere persone detenute arbitrariamente, bambini cercare cibo nell`immondizia”. askanews

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