Fondi russi all’Ucraina, il vertice che può spaccare l’Ue. Meloni e Belgio frenano
Giorgia Meloni
Niente rinvii. Al Consiglio europeo che si apre giovedì una decisione va presa, qualunque sia la direzione. Il nodo è sempre lo stesso: come finanziare l’Ucraina utilizzando i beni russi congelati. Mentre Antonio Costa e Ursula Von der Leyen moltiplicano i contatti per trovare una quadra, le divisioni tra i Ventisette restano profonde. Italia, Belgio, Malta e Bulgaria hanno già messo nero su bianco le loro perplessità. L’Ungheria annuncia il no. E sullo sfondo incombe l’ombra di Donald Trump, contrario all’impiego dei fondi bloccati.
L’incontro di Berlino di lunedì ha prodotto una dichiarazione congiunta dai toni ottimisti. Costa, Von der Leyen e altri dieci leader europei – dalla danese Frederiksen al britannico Starmer, passando per Meloni, Macron e il tedesco Merz – hanno salutato i “significativi progressi” di Trump nella ricerca della pace, riaffermando al contempo il “forte supporto” a Kiev contro l’invasione russa. Ma l’ottimismo appare eccessivo. E soprattutto non risolve il problema concreto: come proseguire il sostegno economico all’Ucraina.
Le due ipotesi sul tavolo e i veti incrociati
Sul tavolo restano due opzioni, almeno in teoria. La prima: un prestito di riparazione basato sugli asset russi congelati a tempo indeterminato, dopo la decisione presa dai paesi Ue a maggioranza qualificata la settimana scorsa. La seconda: ricorrere al debito comune con garanzie dal bilancio europeo. Quest’ultima soluzione richiede l’unanimità. “Ed è chiaro che non c’è”, ammettono fonti europee. Resta dunque solo la prima via, quella degli asset russi, che necessita della maggioranza qualificata. Ma anche qui i voti scarseggiano.
Il no ungherese è scontato. Quello slovacco probabile. Altri Paesi, Italia compresa, hanno avanzato forti dubbi. Quando è stata votata la conferma del congelamento a tempo indeterminato, Giorgia Meloni, il premier belga Bart De Wever e i colleghi di Malta e Bulgaria hanno messo per iscritto le loro perplessità in una lettera. La presidente del Consiglio ha dato il via libera “perché non vi siano dubbi sul proprio sostegno all’Ucraina”, ma ha precisato che l’approvazione non pregiudica “in alcun caso la decisione sull’eventuale utilizzo dei beni immobilizzati russi”.
Il caso Euroclear e i timori di Palazzo Chigi
I dubbi di De Wever sono molto concreti. La finanziaria belga Euroclear detiene il 90 per cento degli asset russi, 185 miliardi di euro. Mosca ha già annunciato rappresaglie. Meloni, da parte sua, teme ripercussioni per le aziende italiane in Russia. Su questo punto è pressata da Matteo Salvini, che per alcune sue posizioni ha ricevuto i complimenti della portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova. Non esattamente una medaglia da sfoggiare a Bruxelles.
E poi c’è Trump. La presidente del Consiglio non vuole mettersi in rotta di collisione con il presidente americano, contrario all’impiego dei fondi bloccati per sostenere Kiev. Cosa farà dunque alla fine Meloni resta tutto da vedere. La decisione, sottolineano le fonti, “spetta ai leader” che “riconoscono la posta in gioco per il Belgio” e la necessità della “condivisione di qualsiasi rischio o costo derivante da questa soluzione”.
Vertice destinato a durare: serve una decisione
Al momento Costa non ha in mano una soluzione pronta. Non è escluso che il Consiglio europeo vada lungo. In agenda c’è il 18 e il 19 dicembre. Solitamente il presidente portoghese tenta di chiudere i lavori il primo giorno, ma questa volta appare molto difficile. “Durerà il tempo necessario a prendere una decisione”, concludono le fonti europee. Perché un rinvio, stavolta, non è un’opzione.
