Morte Calvi: non ci sono “ulteriori profili di chiarimento”, archiviata inchiesta tra depistaggi e assoluzioni

Morte Calvi: non ci sono “ulteriori profili di chiarimento”, archiviata inchiesta tra depistaggi e assoluzioni
10 novembre 2016

Lo scorso anno, per l’insufficienza degli indizi raccolti, aveva alzato le mani nell’inchiesta sul rapimento di Emanuela Orlandi, la 15enne cittadina vaticana sparita in circostanze misteriose il 22 giugno del 1983 e mai piu’ ritrovata. Adesso la magistratura romana e’ costretta pure ad arrendersi nell’individuazione dei responsabili (morali e materiali) della morte di Roberto Calvi, il presidente del vecchio Banco Ambrosiano assassinato “mediante impiccagione” il 18 giugno del 1982 a Londra, sotto il Ponte dei Frati Neri. Il pm Luca Tescaroli aveva qualificato quell’omicidio come “premeditato”, “ad onta della tesi per tanto tempo coltivata del suicidio”, ma il gip Simonetta D’Alessandro, in 40 pagine di provvedimento, ha dovuto certificare che il “tempo decorso”, le “sentenze assolutorie”, le “verita’ dei depistanti” e la “mancanza di collaborazione internazionale” non hanno consentito di “pervenire ad ulteriori profili di chiarimento, con la conseguenza dell’archiviazione”. Per la morte di Calvi erano gia’ stati assolti nei tre gradi di giudizio, tra il 2007 e il 2011, Giuseppe Calo’, Flavio Carboni, Ernesto Diotallevi, Manuela Kleinszig e Silvano Vittor, ciascuno con un ruolo ben preciso nella vicenda.

Per la Procura, Calo’ era legato a Cosa Nostra, Carboni alla loggia P2, Diotallevi alla Banda della Magliana, il contrabbandiere Vittor era indicato quale ‘manovale’ dell’operazione relativa al trasferimento a Londra del banchiere mentre la Kleinszig era l’accompagnatrice di Carboni. Ma il pm, dopo la sentenza della Corte d’assise, nella prospettiva di un rinnovamento dell’istruttoria in appello, aveva iscritto sul registro degli indagati tra il 2008 e il 2010, in un procedimento-stralcio Licio Gelli (l’ex capo della P2 come mandante e organizzatore del delitto), l’uomo d’affari Hans Albert Kunz, l’ex 007 Francesco Pazienza con il suo segretario Maurizio Mazzotta, il membro della Nuova Camorra Organizzata Vincenzo Casillo (morto a Roma nel 1983) e di nuovo Carboni, collegandoli tutti alla fase esecutiva dell’omicidio. Il gip ha dato atto al pm Tescaroli “di aver compiuto uno sforzo indiscutibile” nel parlare “credibilmente di un sistema economico integrato” proiettando sullo scenario del delitto personaggi simbolo quali “Calo’ che e’ Cosa Nostra, Diotallevi e Casillo che sono la Banda della Magliana e la Nco, sodalizi al servizio della mafia corleonese, Pazienza e Mazzotta che sono il Sismi, e poi Gelli, Carboni e Kunz che sono la P2, e Paul Marcinkus che e’ lo Ior”. Il giudice D’Alessandro ha anche ricordato come non sia stato possibile definire il ruolo del monsignore, per anni alla guida dell’Istituto per le opere di religione, e soprattutto ricostruire i flussi finanziari che legavano il Banco Ambrosiano allo Ior perche’ “le rogatorie avviate verso lo Stato della Citta’ del Vaticano hanno avuto esiti pressoche’ inutili”.

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E cio’ ha pure pregiudicato la possibilita’ di accertare quanto raccontato da alcuni collaboratori di giustizia secondo cui la mafia aveva investito denaro a Roma attraverso Gelli e una parte delle somme era finita nella banca del Vaticano. Calvi sarebbe stato eliminato perche’ si sarebbe appropriato di denaro appartenente ad altri, ricostruzione che i familiari del banchiere hanno sempre respinto con forza. Ma neppure il contributo offerto dai pentiti che, pur parlando con certezza di omicidio, hanno riferito “elementi di conoscenza indiretta” del fatto, e’ stato considerato propizio ai fini dell’inchiesta. La conclusione, dunque, e’ solo una: “La morte di Calvi – ha affermato il gip – non e’ affatto solo italiana, e anzi il Paese appare connotato da una sovranita’ limitata, da un potere investigativo e cognitivo che si infrange per lunghi anni di fronte all’entita’ degli interessi, politici ed economici, in gioco”. Per questo motivo, secondo il gip, la Procura di Roma piu’ che coinvolgere nel delitto Calvi “una parte del Vaticano, ma non tutto il Vaticano; una parte di Cosa Nostra, ma non tutta Cosa Nostra; una parte della massoneria, ma non tutta la massoneria, e in una parola, la contiguita’ tra i soli livelli apicali in una fase strategica di politica estera, che ha bruciato capitali, che secondo i pentiti, erano di provenienza mafiosa” non avrebbe potuto fare.

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