Dalla conferenza dei capigruppo emerge una roadmap serrata: martedì 8 luglio, a partire dalle 12.20, i partiti esprimeranno le loro dichiarazioni sulla fiducia, seguita dal voto per appello nominale già dalle 14. Una mossa che dimostra la volontà dell’esecutivo di chiudere rapidamente la partita, evitando intoppi.
Eppure, il vero colpo di scena è ciò che non compare nell’agenda: né la separazione delle carriere né il premierato, inizialmente annunciati come priorità, saranno discussi a luglio. Un silenzio che ha scatenato le critiche dell’opposizione.
“Prendiamo atto che non c’è nessuna delle due riforme costituzionali, né la ‘madre di tutte le riforme’ né la ‘figlia’”, ha commentato un rappresentante dell’opposizione. “Questo è positivo, ma dimostra una dialettica interna alla maggioranza. Noi saremmo stati durissimi, ma evidentemente hanno preferito evitare lo scontro”.
L’assenza delle riforme dal calendario solleva domande: c’è disaccordo tra i partiti di governo? O si tratta di una mossa tattica per evitare un vaggio rischioso? Intanto, il dl Infrastrutture diventa il banco di prova: se passerà senza intoppi, il governo potrà tirare un sospiro di sollievo. Ma se le divisioni dovessero emergere, la crisi potrebbe non essere lontana.
Mentre l’aula si prepara al voto, una cosa è certa: luglio sarà un mese decisivo per la tenuta della maggioranza. E se le infrastrutture sono solo il primo step, le vere battaglie – quelle sulle riforme – potrebbero essere solo rimandate.