Cronaca

L’Isis in Libia: “Capi Stato islamico ex comandanti al Qaida”

“La maggior parte dei comandanti dell’organizzazione Stato islamico (Isis) in Libia sono ex comandanti di al Qaida”: lo ha detto al Saddiq al Sour, il procuratore capo che risponde al governo di Accordo nazionale guidato da Fayez al Sarraj, svelando la struttura dell’organizzazione messa in piedi nel Paese del Nord Africa da Abu Bakr al Baghdadi. In una conferenza stampa, il procuratore ha illustrato con l’aiuto di infogrammi la struttura dell’organizzazione, i finanziamenti, i suoi ministeri, i nomi dei ‘ministri’ che hanno governato Sirte, dei comandanti e dei ‘capi cellule’ in varie città del Paese oltre al nome del fondatore del Califfato a Bengasi. Il procuratore ha svelato anche le nazionalità dei foreign fighters del Califfato nel Paese Nordafricano; tutti dati acquisiti al termine di una lunga indagine condotta anche grazie agli interrogatori dei jihadisti catturati durante la battaglia per la liberazione di Sirte, che era stata eletta come ‘capitale’ dell’Emirato del Califfato in Libia.

I DIWAN (I MINISTERI): I ministeri “centrali” dell’organizzazione venivano chiamati “Diwan”. Dopo essersi insediato a Sirte, l’Isis aveva istituito quattro ministeri centrali: “Armamenti”; “Soldati e Conquiste”; “Migrazione e Frontiera”; e “Media”, tutti guidati da cittadini libici. Titolare del dicastero per gli “Armamenti Generali”, Hassan al Salihein alias Abu Habibah al Libi, venne ucciso a Sirte nel 2014. Hashim Hussein era invece il ministro della Migrazione ed è ancora vivo e ricercato dalle autorità. A guidare il ministro dei Media era Saleh Tueib, ucciso in un raid Usa a Derna nel 2015, come ha detto il procuratore. Il capo del dicastero dei “Soldati”, al Mahdi Rajab Salem Daqnu, è a piede libero e su di lui pende un mandato di cattura. Il procuratore ha mostrato le fotografie di tre di questi ‘ministri’.

I MINISTERI DELL’EMIRATO DI SIRTE Visto che l'”Emirato di Sirte” era la sua ‘capitale’ in Libia, in questa città l’Isis aveva istituito otto ministeri: Salute, Elemosina, Servizi, Polizia Religiosa, Moschee, Catasto e Polizia Militare. A guidare questi dicasteri tutti cittadini stranieri: due sauditi, un marocchino, un senegalese, un eritreo e un egiziano, tutti uccisi a Sirte nel 2016.

CELLULE A MISURATA, BENGASI E ZINTAN Tre le “cellule” volute dagli uomini del Califfo Abu Bakr al Baghdadi fuori da Sirte. Una nella capitale Tripoli, guidata da un libico di nome Abdul Raouf al Taumi, alias “Adam”. Il procuratore ha detto che è stato ucciso senza precisare quando e dove. Abu Himam, anche lui libico ucciso in una data imprecisata, era invece il capo dell’organizzazione nella città di Misurata.
Libico e ucciso anche il capo della cellula di Zintan, tale Osama Salim che aveva “Abu Nasir” come nome di battaglia.

COME SI SONO INFILTRATI? Il procuratore spiega anche come si sono infiltrati in Libia i combattenti stranieri dell’Isis. Dalle indagini e dagli interrogatori è emerso che i principali percorsi seguiti dagli elementi del Califfato per entrare in Libia sono attraverso i territori di: Sudan, Algeria, Tunisia, Egitto e Niger; praticamente tutti i Paesi confinanti. Tuttavia, secondo il procuratore, il “principale centro di arruolamento” dei jihadisti per raggiungere la Libia era la Penisola egiziana del Sinai.
Responsabile del reclutamento è Abdullah al Sinawi.

FONDATORE DELL’ISIS A BENGASI Il procuratore fornisce anche il nome del “fondatore” della prima celula dell’Isis nella città di Bengasi. Si chiama Mohammad al Boroussi e la prima riunione l’ha tenuta ad al Hawari, quartiere periferico della città in una casa battezzata di seguito come “La Casa Bianca”.

I CAPI DELLE “BRIGATE DEL DESERTO” L’Isis in Libia si avvaleva anche dell’importante contributo delle tribù nel deserto. E per questo ha istituito per loro le “Brigate del Sahara” che agivano sotto il controllo del ministero di “Soldati e Conquiste”. Il procuratore ha reso noti i nomi di sei “sceicchi” tutti uccisi nel 2016.

FINANZIAMENTI Rapine in banca, sequestro di uomini d’affari e riscatti. Sono queste, secondo il procuratore, le principali fonti di approvigionamento della filiale libica dell’Isis. Una organizzazione che si “autofinanziava con valuta locale e straniera” attingendo spesso “anche ai soldi che venivano inviati dalla organizzazione madre in Iraq e Siria”.

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