Milano ricorda Sergio Ramelli tra memoria, tensioni e appelli alla pacificazione
Milano ha celebrato il cinquantesimo anniversario della morte di Sergio Ramelli, il giovane militante del Fronte della Gioventù ucciso nel 1975 a soli 19 anni da un commando di Avanguardia Operaia. La giornata ha visto alternarsi momenti di commozione, tensioni politiche e riflessioni sul tema della memoria, con un corteo organizzato da gruppi di estrema destra che si è concluso con il rito del “presente” e il saluto romano in via Paladini, luogo simbolo della vita del giovane studente.
Un corteo carico di simboli e contrapposizioni
Il corteo, partito da Città Studi, ha radunato centinaia di persone lungo il tragitto, culminando davanti al murale realizzato in memoria di Ramelli. Qui, i manifestanti hanno deposto fiori e omaggi floreali, mentre alcuni brandivano bandiere tricolori. Tuttavia, l’atmosfera è stata attraversata da momenti di tensione: da un palazzo vicino è risuonata Bella ciao, il celebre canto della Resistenza, che ha provocato reazioni immediate. Insulti e petardi esplosi hanno interrotto momentaneamente l’ordine, ma gli organizzatori sono intervenuti prontamente per riportare la calma.

Una donna presente sul posto ha urlato ai manifestanti: “Non sporcate quella bandiera”, riferendosi ai tricolori sventolati durante il corteo. Il contrasto tra il significato di Bella ciao e i simboli esibiti dai partecipanti ha evidenziato le persistenti fratture nella memoria storica italiana.
Appelli alla pacificazione e proposte istituzionali
In un contesto istituzionale parallelo, il sindaco di Milano Beppe Sala e il presidente del Senato Ignazio La Russa hanno partecipato a una commemorazione ufficiale, lanciando un messaggio di unità nazionale. Sala ha proposto di intitolare una piazza o una strada della città “a tutti i giovani milanesi vittime del terrorismo” degli anni di piombo, un’iniziativa volta a favorire una memoria condivisa e superare le divisioni ideologiche.
La proposta ha trovato il sostegno di La Russa, che ha ribadito l’importanza di un “no alla violenza” universale. Durante la cerimonia, il presidente del Senato ha evitato di commentare direttamente l’esibizione di saluti romani durante il corteo, concentrandosi invece sul valore simbolico dell’evento. “Questa semplice commemorazione, senza segni esteriori, vale più di ogni altra manifestazione”, ha dichiarato, sottolineando la necessità di guardare al futuro con spirito di concordia.
Simboli controversi e memoria divisa
L’anniversario di Sergio Ramelli ha nuovamente portato alla ribalta le ferite aperte del passato. Il rito del “presente” e il saluto romano, ripetuti annualmente, rappresentano per alcuni un omaggio alla memoria di un giovane vittima della violenza politica, mentre per altri evocano simbologie legate al fascismo.
Il confronto tra Bella ciao e i cori del corteo ha evidenziato come la memoria collettiva italiana rimanga profondamente polarizzata. In un post su Instagram, La Russa ha lanciato un appello sincero affinché “si cerchi disperatamente di mettere insieme la nostra storia senza soluzioni di continuità”, invitando a lasciarsi alle spalle l’odio e a costruire un futuro di unità.
Verso una memoria condivisa?
La proposta di dedicare una strada a tutte le vittime del terrorismo rappresenta un tentativo significativo di promuovere una memoria inclusiva. Tuttavia, l’approvazione richiede un ampio consenso in Consiglio comunale, un obiettivo non privo di ostacoli data la complessità delle dinamiche politiche locali.
Mentre la giornata di commemorazione si concludeva, lasciando spazio a riflessioni e contrapposizioni, emerge chiaro che il tema della memoria resta un banco di prova cruciale per la società italiana.
Come ha sottolineato La Russa, “se qualcuno preferisce rimanere abbarbicato a concetti di odio e guardare indietro…”, lasciando la frase in sospeso, il monito è chiaro: solo attraverso il dialogo e la pacificazione sarà possibile costruire un futuro di unità nazionale. A cinquant’anni dalla morte di Sergio Ramelli, il ricordo delle vittime degli anni di piombo continua a interrogare l’Italia sul suo passato e sulle sfide della memoria condivisa.
