Sicilia, Schifani: “Pronto al bis per la presidenza ma serve riformare l’Ars”. Rimpasto di gennaio, fuori la Dc
“La Sicilia cresce”, il presidente della Regione rivendica i risultati di tre anni di governo e si candida alla riconferma. “I presidenti uscenti vengono sempre ricandidati, è la regola del centrodestra”. Tra gli obiettivi, sbloccare due miliardi dalla parifica della Corte dei Conti entro luglio. Ma l’affondo è sul regolamento d’Aula: “Così nessun governo può lavorare, serve una riforma totale”.
Renato Schifani
Una Sicilia che cresce, conti in ordine, programmi a lungo termine. E la volontà esplicita di chiedere agli elettori un secondo mandato. Renato Schifani non lascia spazio a dubbi nella conferenza stampa di fine anno a Palazzo d’Orleans. Il governatore traccia un bilancio dei tre anni di governo e guarda al futuro con la certezza di chi ritiene il proprio lavoro non ancora concluso. “Sto lavorando sulla base delle regole del centrodestra: i presidenti di Regione uscenti vengono riconfermati”, afferma senza esitazioni. Poi precisa: “Ricordo che a me questa candidatura è stata proposta, non mi sono proposto io. Mi è stata chiesta da tutti gli alleati. Ero già capolista al Senato e ho accettato per la mia terra”.
La formula è chiara: servono dieci anni per completare un programma di governo serio. “Non è una rivendicazione, è un dato di fatto”, sottolinea Schifani. Certo, la politica resta imprevedibile e i leader nazionali sono liberi di valutare diversamente. “Ma non mi risulta che il metodo sia cambiato. A meno che un mese prima non impazzisca e decida di dedicarmi ai miei nipoti, ma prendetela come una battuta”, scherza il presidente. Il clima è sereno, i rapporti con i vertici nazionali e regionali del centrodestra sono solidi. L’indirizzo appare definito, nonostante sullo sfondo si muovano le inevitabili tensioni che precedono ogni tornata elettorale.
Il bilancio: conti risanati e crescita economica
I numeri parlano chiaro. Il disavanzo regionale è stato azzerato, si è formato un avanzo di oltre due miliardi che attende solo la parifica della Corte dei Conti. “Entro luglio dovremmo ottenere le parifiche dei bilanci degli anni passati. Questo libererà risorse fondamentali per gli investimenti, frutto della crescita economica e del risanamento di questi anni”, spiega Schifani. Un risultato che il governatore riconosce non essere soltanto merito suo: “All’amico Musumeci va un doppio grazie da parte dei siciliani. Ha ridotto di tre miliardi il disavanzo nonostante il suo governo abbia dovuto gestire la difficile fase del Covid. Ha avviato il trend di riduzione che noi abbiamo portato avanti”.
La Sicilia, insiste il presidente, ha cambiato direzione rispetto al passato. “Per la prima volta abbiamo invertito la rotta. Non dico che abbiamo risolto i problemi del Mezzogiorno, ma oggi il Sud comincia a crescere. Non diciamo che il bicchiere è pieno, ma neppure che è vuoto. C’è molto da fare, però il trend positivo va gestito individuando misure di politica economica che spingano ulteriormente la crescita”. I risultati economici sono stati certificati dalle agenzie di rating e dai report di istituti e centri studi nazionali. Una conferma che arriva dall’esterno e che Schifani brandisce come prova del lavoro svolto.
Il rimpasto inevitabile e la rottura con la Dc
A gennaio il governo regionale cambierà volto. Due assessorati sono rimasti vacanti dopo l’estromissione della Democrazia Cristiana, travolta dall’inchiesta giudiziaria che ha coinvolto Totò Cuffaro e altri esponenti del partito. Andrea Messina e Nuccia Albano sono stati allontanati, Schifani ha mantenuto l’interim su Funzione pubblica e Famiglia. Una situazione di stallo che non può durare. “È un atto dovuto, non posso permettermi di avere ancora degli interim. C’è quasi una situazione di immobilismo nei due assessorati. Gli assessorati devono funzionare”, ammette il governatore.
La scelta politica è netta e non ammette ripensamenti. “Ho adottato una decisione di fondo e nulla è cambiato rispetto a quanto detto due mesi fa: non ho estromesso due assessori, ma un partito. Stimo quel partito, ma secondo le indagini la Dc ha dimostrato di avere modelli di gestione non consoni a come io intendo la trasparenza e l’uso delle istituzioni”. Una presa di posizione che chiude definitivamente la porta ai democristiani. E che apre scenari diversi per la ricomposizione della giunta.
De Luca resta fuori, l’Mpa dentro il progetto
Tra le voci che circolano nei corridoi di Palazzo d’Orleans c’è quella di un possibile ingresso del movimento di Cateno De Luca nel governo regionale. Schifani smonta subito la ricostruzione: “È stato un mio avversario e tale rimane. Ha votato la mozione di sfiducia nei miei confronti e non ha votato la manovra di stabilità. Rimarrà un avversario del mio governo, come giusto che sia. Siamo avversari politici nel rispetto dei ruoli. Spero di avere fatto chiarezza”. La porta è chiusa, dunque. Ben diverso il discorso sull’Mpa di Raffaele Lombardo, che fa parte della maggioranza ma che durante il voto sulla finanziaria ha fatto registrare l’assenza dei propri parlamentari.
“Non ho ben compreso cosa sia accaduto quella sera. Ho preso atto che non c’era nessuno dei parlamentari Mpa, ma escludo che dietro quell’assenza ci fosse un fatto politico. Penso più alla casualità, che magari poteva essere evitata”, spiega il governatore con tono disteso. “Il rapporto politico con l’Mpa c’è, fa parte del progetto. Quando Lombardo verrà ai vertici di maggioranza sarò felice di offrirgli un caffè”. Un segnale di distensione che allontana le ipotesi di crisi interna alla coalizione.
Sanità malata, la politica ha invaso la gestione
Il capitolo sanità resta il più dolente. Schifani non nasconde i problemi e anzi punta il dito contro un sistema che considera fallimentare. “Il sistema di nomina dei manager della sanità, a partire dai direttori generali, non ha funzionato nel tempo. La politica ha invaso la gestione della sanità riducendone la qualità. È un dato difficilmente contestabile il fatto che questo elemento abbia indebolito la sanità siciliana”, ammette con franchezza. La ricetta per uscire dall’impasse passa attraverso nuove regole approvate dalla giunta regionale.
“Abbiamo modificato con delibera il processo di nomina dei manager: sarà garantita un’alta qualità in cui la politica avrà poco da dire. Le prossime nomine saranno fatte con questi nuovi criteri. È una scommessa importante”. Un cambio di metodo che dovrebbe garantire competenza e merito al posto delle logiche spartitorie. Oggi stesso la giunta completerà il percorso per la designazione di Alberto Firenze alla guida dell’Asp di Palermo, mentre Giorgio Santonocito sarà confermato a capo dell’azienda universitaria Policlinico di Catania.
Nonostante le criticità, il presidente rivendica anche le eccellenze del sistema sanitario regionale: “Abbiamo cose che non funzionano, ma anche punte di qualità assoluta. Stiamo lavorando per mantenere Taormina, che non possiamo permetterci di perdere. Ci metto il cuore”. Un riferimento al San Vincenzo, struttura d’eccellenza della città ionica che rischia di perdere riconoscimenti e fondi.
La manovra salvata, ma resta l’amarezza per l’export
La legge di stabilità è stata approvata dopo una maratona notturna che ha messo a dura prova i nervi della maggioranza. Schifani rivendica i punti qualificanti della manovra: “È stata messa in salvo nei suoi punti essenziali, come la decontribuzione da duecento milioni di euro. Mai in passato misure così forti, così ampie, così possenti per dare una scossa all’economia”. Un ringraziamento esplicito va al presidente dell’Assemblea Gaetano Galvagno: “Lo ringrazio per avere messo in sicurezza le norme fondamentali della finanziaria”.
Il governatore racconta di avere passato l’intera notte del voto nel palazzo del Parlamento regionale, non sempre in aula ma nella Sala Lettura, a seguire gli sviluppi della discussione. L’unica vera amarezza riguarda lo stralcio dell’articolo 31, che stanziava dieci milioni di euro per la riduzione dei costi dell’export delle imprese siciliane. “Spero di trovare una modalità per riproporre il tema. Non capisco lo stralcio per una misura così importante, proprio nel momento in cui i dazi di Trump hanno creato una difficoltà oggettiva per le nostre aziende. Ci riproveremo”, promette Schifani. Un nodo che il governo regionale proverà a sciogliere nei prossimi mesi, cercando altre strade per sostenere le imprese che esportano.
Trasporti realistici e il nodo irrisolto del caro voli
Sui trasporti il governatore adotta un linguaggio della verità che rifugge da promesse irrealizzabili. “In Sicilia avremo la media velocità ferroviaria, non l’alta. Diciamoci le cose come stanno. Ci sono cantieri aperti che lavorano e che chiuderanno fra il 2029 e il 2030”. Un orizzonte temporale definito, senza illusioni. Ben più complicato il tema del caro voli, che continua a strangolare l’isola e a pesare sulle tasche dei siciliani. “La Regione non può fare di più perché le regole europee non lo consentono. Abbiamo messo risorse regionali importanti, dato vita alla continuità territoriale su Comiso e sugli aeroporti minori, ma altro non è fattibile”, spiega Schifani.
Il presidente non nasconde la frustrazione per un problema che va oltre le competenze regionali: “Servirebbe un dibattito e un intervento nazionale ed europeo, perché effettivamente è uno scandalo. Ma noi non possiamo superare certi vincoli normativi”. Una questione che resta aperta e che richiede una regia più ampia, coinvolgendo Roma e Bruxelles. Nel frattempo la Regione ha fatto quello che poteva, ma non basta a risolvere un’emergenza che ogni anno si ripresenta puntuale.
Progetti in cantiere: control room e termovalorizzatori
Lo sguardo va anche ai progetti concreti in fase di realizzazione. A settembre verrà inaugurata, alla presenza del ministro degli Interni Matteo Piantedosi, la nuova control room della Regione siciliana per fronteggiare la criminalità dei boschi e prevenire gli incendi attraverso sistemi satellitari. “Il progetto è stato realizzato da Leonardo, il lavoro è quasi completo”, annuncia Schifani. Una struttura tecnologicamente avanzata che dovrebbe rappresentare un salto di qualità nella lotta agli incendi che ogni estate devastano l’isola.
A febbraio, invece, i progettisti dovrebbero consegnare gli schemi definitivi dei due termovalorizzatori che saranno realizzati a Palermo e a Catania. Durante la conferenza stampa il governatore mostra le immagini simulate degli impianti: “Stiamo lavorando con Bruxelles per la condivisione del piano rifiuti”. Un tassello fondamentale della strategia regionale sui rifiuti, che punta a chiudere il ciclo e a ridurre la dipendenza dalle discariche. Sul fronte della finanza regionale, Schifani elogia l’Irfis, la Finanziaria per lo Sviluppo della Sicilia: “Lo abbiamo utilizzato moltissimo, io lo definisco un giocattolo eccezionale. Ho scoperto che l’Irfis è un polmone dell’amministrazione regionale perché effettivamente funziona”. Uno strumento, dunque, che il governo intende continuare a sfruttare per sostenere imprese e investimenti.
Il regolamento dell’Ars, la madre di tutte le riforme
L’attacco più duro Schifani lo riserva al regolamento dell’Assemblea regionale siciliana. Per il governatore è qui che si annida il vero problema del governo dell’isola, al di là delle maggioranze politiche. “La prima riforma da fare è quella del regolamento d’aula, perché con queste regole nessun governo può lavorare. Anche i governi precedenti sono stati costretti a scendere a compromessi per poter andare avanti”, afferma con forza. Il lungo parto della legge di stabilità ne è la dimostrazione: “Un regolamento parlamentare che, come ha detto anche il presidente Galvagno, è tutto da riformare”.
Il problema principale è l’ostruzionismo consentito dalle norme attuali. “Un regolamento che consente un ostruzionismo in grado di fermare l’attività parlamentare e quindi anche quella del governo. Un caso unico che permette di chiedere il voto segreto su ogni provvedimento: è una situazione che crea strutturalmente instabilità per ogni governo”, denuncia Schifani. Una paralisi che non risparmia nessuno: “I governi anche in passato per questo motivo non hanno avuto la possibilità di realizzare compiutamente il programma, costringendoli a scendere a patti. E questo a causa di un sistema che occorre modificare”.
Verso una riforma organica sul modello nazionale
Da qui l’appello del governatore a tutte le forze politiche per cambiare il regolamento. “Non si tratta solo di abolire il voto segreto”, precisa Schifani. “Mi incontrerò presto con il presidente dell’Ars Galvagno, con cui il rapporto è solido ed è stato fondamentale in questi mesi. Sono d’accordo sull’abolizione del voto segreto, ma valuteremo una riforma organica del regolamento che dia regole simili a quelle del Parlamento nazionale”. L’obiettivo è chiaro: “Assicurare una maggiore funzionalità del sistema regionale, per dare certezze a chi governa e a chi fa opposizione”. Una riforma che dovrebbe mettere tutti nelle condizioni di lavorare meglio, maggioranza e minoranza, governo e Assemblea.
Il rapporto con Galvagno è definito solido e decisivo. Il presidente dell’Ars ha garantito in più occasioni l’approvazione dei provvedimenti fondamentali, salvando la maggioranza da possibili incidenti di percorso. Ora serve il passo successivo: ridisegnare le regole del gioco per consentire alla Regione di funzionare davvero. Schifani chiude la conferenza stampa con un messaggio di ottimismo temperato dal realismo. La Sicilia sta crescendo, i conti sono in ordine, i progetti sono tanti. Ma serve tempo per realizzarli. E serve un sistema istituzionale che funzioni. Da qui la richiesta implicita di un secondo mandato e l’appello esplicito per una riforma profonda dell’Assemblea regionale. La partita, politica e istituzionale, è appena iniziata.


