Giorgia Meloni e Elly Schlein
Palchi contrapposti, strategie opposte. Nelle Marche va in scena il primo atto delle regionali d’autunno, con Meloni e Schlein che trasformano la campagna elettorale in un banco di prova nazionale. Il governatore uscente Acquaroli contro l’ex sindaco di Pesaro Ricci: dietro le candidature locali, il futuro degli equilibri politici del Paese. La premier non usa mezzi termini.
“La nostra alleanza è solida. Stiamo insieme da trent’anni e continueremo a stare insieme. Non sprecheremo un’occasione storica”, grida Giorgia Meloni dal palco marchigiano, circondata dai vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, insieme a Maurizio Lupi e Antonio de Poli. Un’esibizione di compattezza governativa che suona come sfida aperta al centrosinistra, mentre Francesco Acquaroli, governatore uscente e candidato meloniano, incassa il sostegno di tutta la coalizione.
Dall’altra parte dello schieramento politico, Elly Schlein risponde colpo su colpo da Pesaro. La segretaria del Pd affianca Matteo Ricci, ex sindaco della città rossiniiana ora eurodeputato, candidato di un “campo largo” che per la prima volta ha trovato l’unità nelle sette regioni al voto. “Siamo qui per portare un messaggio testardamente unitario, la coalizione di centrosinistra è unita in tutte le regioni”, rivendica la leader dem, anche se sul palco manca la rappresentanza degli altri alleati, presente solo Stefano Bonaccini.
La battaglia delle Marche diventa così terreno di scontro nazionale. Meloni non risparmia colpi all’alleanza progressista: “Io sono fiera di questa alleanza che governa la nazione. Andate a chiedere ai M5s se sono fieri di essere alleati con il Pd e andate a chiedere al Pd se sono fieri di stare con i Cinque stelle”. Il bersaglio privilegiato resta Giuseppe Conte, colpito con ironia tagliente: “Ho sentito Conte dire, ‘noi non siamo alleati del Pd, abbiamo un progetto, che è mandare a casa Meloni’. Il conte Mascetti sarebbe stato fiero di Conte. Ma che progetto è mandare a casa Meloni? Io governo per gli italiani, mica contro gli altri”.
La risposta del leader pentastellato arriva immediata via social, velenosa quanto la provocazione ricevuta: “Giorgia, Wanna Marchi sarebbe fiera di te!”. Un botta e risposta che certifica il livello di tensione raggiunto dalla campagna elettorale, mentre il clima si surriscalda sui presunti discorsi d’odio che, secondo il centrodestra, la sinistra alimenterebbe.
“Nessuno in Italia è oggetto di un discorso d’odio come la sottoscritta. Schlein ha detto faccia i nomi e cognomi. Elly ci metto mezza giornata…”, attacca Meloni, puntando il dito contro la segretaria dem. Ma Schlein sceglie di non raccogliere la provocazione, preferendo concentrarsi sulle “proposte concrete” per le Marche piuttosto che alimentare polemiche. Dal palco di Pesaro punta l’indice contro il bilancio del centrodestra: “Non parole vuote come quelle del centrodestra che sembra non abbia governato cinque anni qui”.
La leader progressista affonda il colpo sulla sanità regionale: “I cittadini marchigiani pagano due volte la sanità”, costretti a “migrare” verso altre regioni per curarsi. E rilancia sul salario minimo: “Meloni sostiene che ci vuole coraggio a parlare oggi di salario minimo. Ci vuole coraggio a non farlo oggi il salario minimo, con 4 milioni che lavorano e sono poveri. Si vergognino”.
Nonostante la maggioranza tenti di derubricare la sfida come test puramente locale, una vittoria del “campo largo” avrebbe inevitabilmente contraccolpi nazionali, con lo sguardo già puntato alle politiche della primavera 2027. Una sconfitta di Acquaroli potrebbe innescare effetti a cascata sulle trattative in corso per completare le candidature della prima tornata regionale: Puglia, Veneto e Campania restano ancora caselle da riempire per il centrodestra. Schlein punta sulla mobilitazione: “Vincerà chi porterà gente al voto”, magari intercettando delusi e disillusi.
Per questo invita i militanti del campo largo a “scartabellare le rubriche” e convincere quanta più gente possibile, “anche davanti a un caffè”. Non manca un appello agli elettori avversari: “Siate liberi, nell’urna nessuno vi vede”. Mentre nelle Marche e a Palazzo Chigi il calendario segna in rosso il weekend del 28-29 settembre, Meloni chiude con una certezza che suona come messaggio ai cronisti della crisi: “Quelli che ogni giorno si affannano per scrivere che ci tiriamo i cartocetti… Fatevene una ragione. Stiamo insieme da trent’anni e continueremo a stare insieme”.