Strage di Capaci, c’è un nuovo pentito. “Faccia da mostro” si e’ avvalso della facolta’ di non rispondere

Strage di Capaci, c’è un nuovo pentito. “Faccia da mostro”  si e’ avvalso della facolta’ di non rispondere
28 settembre 2015

Un nuovo pentito potrebbe aiutare i magistrati di Caltanissetta a far luce sulla strage di Capaci, in cui morirono il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti di scorta. Cosimo D’Amato, pescatore condannato a 30 anni con il rito abbreviato, ha deciso infatti di iniziare a collaborare con i magistrati che stanno cercando di far luce su quell’attentato. La decisione di D’Amato è emersa oggi durante l’udienza in Corte d’Assise di Caltanissetta per il nuovo processo per la strage, quando il pm della Dda Stefano Luciani ne ha chiesto l’audizione. Il pescatore è indicato come colui che procurò ai boss di Brancaccio l’esplosivo necessario a far saltare il tratto d’autostrada sul quale passava il corteo d’auto di Falcone, esplosivo recuperato da alcune bombe della seconda guerra mondiale rimaste in fondo al mare. Il processo d’Appello in abbreviato comincerà a Caltanissetta il prossimo 14 ottobre.

Intanto, Giovanni Aiello, l’ex poliziotto detto “faccia da mostro”, imputato di reato connesso, questa mattina, chiamato a deporre in Corte d’Assise a Caltanissetta per la strage di Capaci, si e’ avvalso della facolta’ di non rispondere. “Chiedo scusa signor presidente – ha detto rivolgendosi alla Corte – ma mi sento travolto da una furia di cose che non riesco a comprendere”. Aiello, ex poliziotto, per gli inquirenti e secondo quanto riferito da alcuni collaboratori di giustizia, avrebbe ricoperto un ruolo nell’ambito delle stragi in cui morirono i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Aiello sarebbe rimasto sfregiato al viso dopo un conflitto a fuoco avvenuto in Sardegna: “Si tratto’ di un colpo accidentale”, ha affermato questa mattina in aula il fratello Antonio. Poi venne trasferito a Palermo, alla Squadra Mobile e dopo qualche anno congedato. “Forse all’epoca del trasferimento dalla Sardegna alla Sicilia, alla Squadra Mobile di Palermo – ha detto il teste – c’era Bruno Contrada”.

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