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Suicidio assistito: la Toscana prova a legiferare, ma il governo dice no. Verso la Consulta

Approvata l’11 febbraio con un voto a maggioranza dal Consiglio regionale della Toscana, la legge sul fine vita ha suscitato fin da subito dibattiti accesi. Dopo essere stata promulgata il 14 marzo, nonostante un ricorso respinto dal centrodestra al Collegio di Garanzia della Regione, ora si trova bloccata dal governo nazionale, che ha deciso di impugnarla presso la Corte Costituzionale. Una vicenda che mette in luce tensioni istituzionali e riflessioni più profonde su competenze regionali, diritti individuali e limiti normativi.

Una legge controversa

La normativa toscana, ispirata dalla proposta di iniziativa popolare “Liberi subito” dell’associazione Luca Coscioni (che ha raccolto oltre 10.000 firme), mira a disciplinare le modalità di accesso al suicidio medicalmente assistito. I criteri sono rigorosi: patologia irreversibile, sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili per il paziente, dipendenza da trattamenti di sostegno vitale e capacità di prendere decisioni libere e consapevoli.

Il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, ha definito questa legge “una legge di civiltà”, sottolineando che non vuole trasformare la Toscana in una nuova Svizzera per il fine vita, ma garantire ai cittadini un diritto già riconosciuto dalla Corte Costituzionale con la sentenza 242/2019. Tuttavia, critici come Maurizio Gasparri, capogruppo di Forza Italia al Senato, non esitano a definirla “chiaramente incostituzionale”, accusandola di avere intenti “temerari e speculativi”.

Le motivazioni dell’impugnazione

Il governo nazionale, su iniziativa del ministro delle Riforme Roberto Calderoli, ha deciso di impugnare la legge sostenendo che essa invade “in via assoluta” le competenze esclusive dello Stato in materia di ordinamento civile, penale e determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. Secondo il governo, una norma di tale portata non può essere delegata alle singole regioni senza creare un quadro normativo frammentato e potenzialmente contraddittorio.

Tuttavia, le opposizioni vedono nell’impugnazione un tentativo politico di ostacolare un’iniziativa coraggiosa. Riccardo Magi, segretario di Più Europa, parla di “propaganda contro i malati terminali”, mentre Angelo Bonelli di AVS denuncia una “violenza contro le famiglie”. Elly Schlein, segretaria del PD, va oltre, accusando il governo di “cinismo e ipocrisia”, dato che, a suo dire, la stessa maggioranza tiene bloccata in Parlamento una legge nazionale sul fine vita.

Critiche alla legge toscana

Nonostante l’apparente consenso etico che circonda la legge toscana, alcuni osservatori sollevano dubbi sulla sua formulazione e sulle sue implicazioni pratiche. Innanzitutto, c’è chi mette in discussione la capacità delle regioni di gestire temi così delicati senza una cornice nazionale uniforme. Giovanni Donzelli, responsabile organizzazione di Fratelli d’Italia, sottolinea che “è impensabile che ogni regione possa decidere autonomamente su un tema centrale come il fine vita”. Questa frammentazione, secondo i critici, rischia di creare disparità nell’accesso alle cure palliative e al suicidio assistito.

Inoltre, alcune voci criticano la rigidità dei criteri previsti dalla legge, che potrebbero escludere casi meno eclatanti ma altrettanto dolorosi. Per esempio, non tutti i pazienti terminali dipendono da trattamenti di sostegno vitale, uno dei requisiti fondamentali per accedere al suicidio assistito.

Eugenio Giani

Questo limite potrebbe lasciare indietro persone che, pur vivendo condizioni insopportabili, non rientrano nei parametri fissati.

Infine, c’è chi teme che la legge possa aprire la strada a derive incontrollate. La mancanza di una regolamentazione nazionale dettagliata sul ruolo dei medici e sui protocolli di verifica potrebbe esporre i professionisti sanitari a situazioni eticamente complesse e giuridicamente rischiose.

Dibattito aperto

La questione sollevata dalla legge toscana mette in luce le difficoltà di trovare un equilibrio tra autonomia regionale e competenze statali, nonché tra etica individuale e principi costituzionali. Mentre il governo e la maggioranza insistono sulla necessità di una legge nazionale, le opposizioni accusano l’esecutivo di temporeggiare e usare la burocrazia per bloccare avanzamenti concreti.

Il presidente Giani, dal canto suo, promette battaglia: “Difenderemo con determinazione la nostra legge, certi di aver agito nel rispetto della legalità, della Costituzione e, soprattutto, delle persone”. Una posizione che riflette la volontà della Toscana di rimanere apripista in materia di diritti civili, anche a costo di scontrarsi con Roma.

Verso la Corte costituzionale

Ora la palla passa alla Corte Costituzionale, che dovrà valutare la legittimità della norma toscana. Qualunque sia la decisione, il dibattito sul fine vita continuerà ad animare il panorama politico e sociale italiano, evidenziando l’urgenza di affrontare un tema che riguarda la dignità umana e i diritti fondamentali.

Ma mentre la Toscana cerca di farsi portavoce di un cambiamento epocale, resta da chiedersi se l’autonomia regionale possa davvero sostituire una visione nazionale unitaria. E, soprattutto, se la legge toscana rappresenti davvero un modello replicabile o un caso isolato, destinato a sollevare più domande che risposte.

Pubblicato da
Giuseppe Novelli