Turchia, cosa cambia con la riforma della Costituzione voluta da Erdogan

Turchia, cosa cambia con la riforma della Costituzione voluta da Erdogan
13 aprile 2017

Domenica 16 aprile in Turchia oltre 55 milioni di elettori sono chiamati a votare la riforma costituzionale voluta dal presidente Recep Tayyip Erdogan. Si vota un emendamento a 18 articoli della costituzione, adottata nel 1982 dopo il golpe del 1980, ma modificata più volte nel corso degli anni. Il punto centrale del referendum riguarda il passaggio dall’attuale sistema parlamentare a quello presidenziale. Secondo i sostenitori della riforma si tratterebbe di adottare un sistema di governo simile a quelli esistenti in Francia e negli Stati Uniti, mentre secondo gli oppositori il modello presidenzialista proposto non è paragonabile ad alcun sistema vigente nei Paesi democratici, prevedendo un accentramento di tutti i poteri nelle mani di un solo uomo. Il sistema prevede anche la rielezione dello stesso presidente per due volte consecutive. Considerato che la data prospettata per le prime elezioni presidenziali è il novembre 2019, questo potrebbe ipoteticamente portare Erdogan a restare in sella fino al 2029. L’approvazione della riforma darebbe anche un avvallo legale al potere politico utilizzato di fatto da Erdogan, mentre l’attuale costituzione gli imporrebbe di essere superpartes. Ecco i punti salienti della riforma.

PRESIDENTE, COMANDANTE SUPREMO E LEADER DI PARTITO

La riforma proposta dall’AKP definisce il presidente quale “capo dello Stato e del potere esecutivo”, una figura che gestisce sia la politica estera che quella interna e che porta anche il titolo di “comandante supremo dell’esercito”, stabilendo la politica di difesa e decidendo all’occorrenza l’intervento dell’esercito. Allo stesso modo il Capo di stato maggiore sarà responsabile solo nei confronti del presidente. La figura presidenziale prospettata è compatibile anche con la leadership di partito. Viene infatti abolita la figura del premier – attualmente ricoperta da Binali Yildirim – e del consiglio dei ministri, mentre al presidente viene assegnato il potere di nominare i propri vice e i ministri. Questi ultimi sono scelti esternamente al parlamento e non hanno alcuna responsabilità nei confronti dell’assemblea nazionale.

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SUPERPOTERI AL PRESIDENTE

Il capo di Stato assume il potere di emanare leggi su tutte le questioni riguardanti il potere esecutivo, come pure di dichiarare lo stato di emergenza e di emanare regolamenti emergenziali. Lo stato di emergenza potrà durare 6 mesi – contro gli attuali 3 – e potrà essere esteso dal parlamento 4 mesi alla volta, su richiesta del presidente. I superpoteri del presidente comprendono anche la facoltà di definire le politiche di sicurezza nazionale, di decidere il bilancio – incluse le politiche economiche da adottare, le scelte della Banca centrale – di definire tutta la struttura statale e i dirigenti dell’apparato burocratico. E anche l’ente di controllo delle università (YOK), e quindi gli stessi atenei, dipenderanno direttamente dal presidente. Per quanto riguarda il potere giuridico, la riforma attribuisce al presidente il diritto di nominare 5 dei 12 membri del Consiglio superiore della magistratura (HSYK), mentre altri 6 vengono scelti dal parlamento – dove il partito del presidente detiene la maggioranza. Il ministro della Giustizia è a sua volta nominato dal presidente e ricopre anche la funzione di presidente del HSYK. Infine, anche 12 dei 15 membri della Corte costituzionale vengono eletti dal presidente, mentre i rimanenti 3 vengono scelti dal parlamento. Il presidente nomina anche I dirigenti della burocrazia statale. Sono inoltre abolite le corti marziali.

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PARLAMENTO PIU’ NUMEROSO MA CON MENO POTERI

Al parlamento viene attribuito il compito di emanare leggi, ma il suo ruolo diventa essenzialmente strumentale alle decisioni del presidente, che può decidere di scioglierlo come pure di rinnovarne la composizione. Anche la lista dei deputati viene preparata dal presidente, rendendone più certo il controllo sulla maggioranza parlamentare rappresentata dal proprio partito. Un eventuale controllo del parlamento sul presidente è reso possibile solo attraverso l’istituzione di un’apposita commissione d’inchiesta. In tal caso sono richiesti almeno 367 voti per avviare un’indagine sul presidente e almeno 413 per portare il presidente di fronte alla Corte suprema. Il numero dei seggi parlamentari viene portato da 550 a 600, mentre l’età minima per essere eletti deputati viene abbassato da 25 a 18. Le elezioni legislative si tengono ogni 5 anni – contro gli attuali 4 – e vengono svolte in concomitanza delle elezioni del presidente.

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