A Malta il Papa si schiera: contro la guerra, preparata da investimenti di armi

A Malta il Papa si schiera: contro la guerra, preparata da investimenti di armi
Il Papa e il presidente maltese George Vella (fiti www.vaticannews.va)
2 aprile 2022

Sono due, non una, le cause della attuale guerra in Ucraina: l'”infantilismo” (citazione di Giorgio La Pira) di “qualche potente” (riferimento chiaro, ancorché implicito, a Vladimir Putin) “tristemente rinchiuso nelle anacronistiche pretese di interessi nazionalisti”, ma, “anche stavolta”, la guerra “preparata da tempo con grandi investimenti e commerci di armi”. Facendo attenzione a non farsi arruolare, Papa Francesco torna a schierarsi contro la guerra in Ucraina. Jorge Mario Bergoglio è partito questa mattina per Malta, dove rimarrà fino a domani. Occasione per incontrare il piccolo “gregge” di questo paese, patria peraltro di due collaboratori molto apprezzati, monsignor Charles Scicluna e il cardinale Mario Grech. Tappa del lungo periplo che il pontefice argentino sta compiendo “alla periferia” dell’Europa, iniziato da Lampedusa, sempre nel cuore del Mediterraneo, e proseguito, in ordine cronologico, in Albania, Sarajevo Bosnia ed Erzegovina, Lesbo in Grecia, Polonia, Svezia, Fatima in Portogallo, Ginevra in Svizzera, Strasburgo in Francia, Irlanda, Paesi baltici, Bulgaria, Macedonia del nord, Romania, Budapest in Ungheria, Slovacchia, Cipro e Grecia: una chiara opzione per i paesi secondari, lontani dal centro, dalle capitali che hanno determinato la storia (Francesco non ha mai visitato, per dire, Londra, Parigi, Madrid, Lisbona, Berlino…), perché evangelicamente convinto che, da Betlemme in poi, è nei luoghi minori che il cristianesimo si esprime. Infine – così come per Lampedusa e Lesbo – la conferma della sua attenzione a quello che ritiene una sfida epocale, politica ma anche spirituale, ossia l’accoglienza dei migranti, che a Malta arrivano per entrare in Europa dall’Africa e dal Medio Oriente.

Eppure, “già prevista per il maggio 2020 e rimandata a causa della pandemia”, ha sottolineato l’Osservatore Romano, “la visita si svolgerà mentre c`è la guerra in Ucraina, nel cuore dell’Europa, con l`immane tragedia umanitaria dei profughi. Sarà proprio la pace uno dei temi centrali del viaggio di Francesco, insieme alla questione dell`accoglienza che vede proprio Malta in prima linea nel rispondere al fenomeno migratorio”. La guerra in Ucraina, inevitabilmente, si è imposta sul senso del viaggio. Una battuta sull’aereo da Roma ha spinto qualcuno ad ipotizzare che sulla guerra in Ucraina il papa si fosse schierato: un giornalista domanda se egli stia considerando l’invito a visitare Kiev, Francesco risponde: “Sì, è sul tavolo”. In realtà, se il papa ha ufficializzato di aver preso in considerazione l’invito, rivoltogli dal sindaco di Kiev (Kyiv) Vitalij Klycko, ma anche dal presidente ucraino Vlodomir Zelensky e dall’arcivescovo greco-cattolico Sviatoslav Shevchuck, è chiaro, come hanno spiegato diversi suoi collaboratori, che egli compirebbe questo viaggio solo se potesse contribuire a porre fine, in modo duraturo, alla guerra. Non se non incidesse, o, peggio, venisse percepita come una provocazione dalla Russia. Kiev/Kyiv è una città dove l’intrico di problematiche politiche ed ecclesiastiche è massimo: canonicamente, l’Ucraina è terra dove la Chiesa principale è quella ortodossa affiliata, ancorché sempre più criticamente, al patriarcato di Mosca e di tutte le Russie. E, dunque, l’ipotesi “è sul tavolo”, ma non c’è una decisione.

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La posizione di papa Francesco sulla guerra, del resto, sin dall’inizio si muove, a tratti funambolicamente, tra diverse istanze. Da una parte, il papa e i suoi collaboratori denunciano con forza l’atrocità della guerra, sperando che si giunga il prima possibile al cessate-il-fuoco, e non hanno dubbi che sia Putin ad aver aggredito senza fondamento un paese che combatte giustamente per la propria autonomia. Dall’altra, però, non vogliono chiudere la porta alla Russia, pronti ad offrire un contributo alla mediazione diplomatica, e comunque intenzionati a fare appello alle coscienze, prima di tutto del patriarca russo Kirill, affinché faccia pressione su Putin. Non, dunque, equidistanza, semmai equivicinanza al “popolo ucraino” e al “popolo russo” – non le nazioni – che il papa argentino ha consacrato a Maria in una celebrazione a San Pietro. Non a caso, Francesco ha più volte fatto appello per gli ucraini sotto le bombe, ma ha anche ricordato al patriarca russo la tragedia dei soldati russi mandati a morire senza motivo. Una doppia traccia – condanna di Putin senza nominarlo, ma anche timore che, con la partecipazione dell’Occidente, la guerra ucraina trascini il mondo al riarmo, prima, e poi al conflitto mondiale, se non nucleare – che papa Francesco ha riproposto anche nel primo discorso in terra maltese.

“Dall`est Europa, dall`Oriente dove sorge prima la luce”, ha detto il papa nel discorso al palazzo presidenziale della Valletta, “sono giunte le tenebre della guerra. Pensavamo che invasioni di altri Paesi, brutali combattimenti nelle strade e minacce atomiche fossero ricordi oscuri di un passato lontano. Ma il vento gelido della guerra, che porta solo morte, distruzione e odio, si è abbattuto con prepotenza sulla vita di tanti e sulle giornate di tutti. E mentre – ha proseguito Bergoglio in quello che sembra un riferimento chiaro, ancorché implicito, all’inquilino del Cremlino – ancora una volta qualche potente, tristemente rinchiuso nelle anacronistiche pretese di interessi nazionalisti, provoca e fomenta conflitti, la gente comune avverte il bisogno di costruire un futuro che, o sarà insieme, o non sarà. Ora, nella notte della guerra che è calata sull`umanità, per favore, non facciamo svanire il sogno della pace”.

Il nazionalismo putiniano, dunque, come causa della guerra: riedizione di quell'”infantilismo” che Giorgio La Pira denunciava nel 1960, e che Francesco ha voluto citare come lezione ancora attuale, ora che il mondo rischia “una ‘guerra fredda allargata’ che può soffocare la vita di interi popoli e generazioni!”. Poco dopo, però, Francesco ha indicato una seconda causa, confermando la sua recente condanna di quei paesi della Nato, come l’Italia, che hanno fissato un aumento delle spese militare: “Oggi è tanto difficile pensare con la logica della pace. Ci siamo abituati a pensare con la logica della guerra. Da qui comincia a soffiare il vento gelido della guerra, che anche stavolta è stato alimentato negli anni. Sì, la guerra si è preparata da tempo con grandi investimenti e commerci di armi”. E, ancora: “Gli ingenti fondi che continuano a essere destinati agli armamenti siano convertiti allo sviluppo, alla salute e alla nutrizione”. Papa Francesco, dunque, effettivamente si è schierato, sì: ma solo contro la guerra.

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