Ultim’ora- IL FISCO BUSSA ALLA TUA PORTA AD AGOSTO: scattati i controlli sui conti corrente, questi movimenti bancari sono sbagliati e lo Stato ti viene a cercare
Agenzia delle Entrate - (ansa) - IlFogliettone.it
Conti bancari e bonifici sotto osservazione: il Fisco alza il livello di controllo contro accrediti sospetti
Negli ultimi anni, l’Agenzia delle Entrate ha potenziato notevolmente le proprie capacità di controllo, sfruttando tecnologie avanzate e banche dati interconnesse per monitorare ogni movimento bancario. Questo processo, sempre più accurato e incisivo, consente all’Amministrazione finanziaria di rilevare con maggiore tempestività tutte quelle operazioni che possono nascondere ipotesi di evasione fiscale. In particolare, l’attenzione si concentra su quei flussi di denaro in entrata di cui non risulti immediatamente chiara la provenienza.
Quando un contribuente riceve somme di denaro sul proprio conto corrente, queste possono essere considerate come redditi non dichiarati qualora non vi sia una giustificazione valida e documentata. Secondo quanto previsto dall’articolo 32 del D.P.R. in materia di accertamento tributario, ogni somma accreditata può essere fiscalmente rilevante, a meno che non venga dimostrato il contrario. Questo principio attribuisce al Fisco uno strumento di presunzione molto potente, che si traduce nella possibilità di tassare somme ritenute prive di giustificazione, con tutte le conseguenze del caso.
Va tuttavia specificato che la presunzione relativa ai prelievi si applica esclusivamente agli imprenditori. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 228 del 2014, ha stabilito che tale presunzione non può essere estesa a lavoratori dipendenti, pensionati o liberi professionisti. Ciò non significa, però, che queste categorie siano esenti da obblighi di tracciabilità. Anche per i cittadini privati, in caso di accrediti sospetti, è richiesto di fornire una giustificazione chiara e documentabile, pena l’imputazione fiscale dell’importo.
Il sistema fiscale italiano si fonda sul principio della presunzione legale relativa: se l’Amministrazione presume che una somma incassata costituisca reddito, spetta al contribuente fornire prova contraria. Questo ribaltamento dell’onere probatorio obbliga a un’accurata conservazione di ogni documento che possa dimostrare la natura non imponibile di un’entrata, che si tratti di un prestito, una donazione o un rimborso. Una semplice dichiarazione di intenti o un’autocertificazione non sono sufficienti a evitare l’accertamento.
Le conseguenze in caso di mancata giustificazione
Se il contribuente non riesce a dimostrare la natura lecita e non imponibile di un accredito ricevuto, l’Agenzia delle Entrate può considerare quell’importo come reddito non dichiarato. Ciò comporta la tassazione dell’intera somma, con l’aggiunta di sanzioni per dichiarazione infedele o omessa e l’applicazione di interessi. A questo si aggiunge il rischio concreto di ricevere un avviso di accertamento, che può essere impugnato ma solo a fronte di prove solide e coerenti.
Particolarmente delicata è anche la questione delle attività finanziarie detenute all’estero. In presenza di investimenti in Paesi a fiscalità privilegiata, il Fisco può applicare una presunzione legale più stringente. La normativa italiana, infatti, prevede che il possesso di asset in determinate giurisdizioni – le cosiddette “black list” – costituisca automaticamente prova di evasione fiscale, salvo che il contribuente dimostri il contrario. È una misura pensata per contrastare l’occultamento di capitali e scoraggiare le operazioni elusive.

Il monitoraggio tramite Quadro RW: un obbligo inderogabile
Chiunque abbia la residenza fiscale in Italia è tenuto a dichiarare nel Quadro RW della dichiarazione dei redditi ogni attività finanziaria o patrimoniale detenuta all’estero. Questo obbligo vale anche se tali beni non producono reddito. L’omissione di questa comunicazione può costare cara, non solo in termini di sanzioni pecuniarie, ma anche perché innesca automaticamente una presunzione di evasione fiscale, in particolare se i beni sono collocati in Paesi considerati paradisi fiscali.
L’unico strumento efficace per difendersi dalla presunzione di evasione fiscale resta la prova documentale. Che si tratti di bonifici da parenti, somme ricevute a titolo di risarcimento o trasferimenti connessi a vendite tra privati, è fondamentale avere documenti con data certa, tracciabilità e coerenza logica. Senza elementi oggettivi, nessuna difesa potrà ritenersi sufficiente. In un contesto normativo sempre più orientato alla trasparenza, la capacità di dimostrare ogni passaggio di denaro rappresenta una tutela imprescindibile per ogni contribuente.
