Fed sfida Trump: tassi fermi nonostante la pressione presidenziale

Powell resiste agli attacchi dalla Casa Bianca mentre l’economia americana resta in bilico tra inflazione e crescita

Donald Trump e Jerome Powell

Donald Trump e Jerome Powell

La Federal Reserve americana ha lanciato un messaggio inequivocabile alla Casa Bianca: l’indipendenza della banca centrale non si negozia. Con una decisione che sa di sfida aperta, il Federal Open Market Committee ha mantenuto i tassi d’interesse nel range 4,25%-4,50%, ignorando le ripetute pressioni del presidente Donald Trump per un taglio del costo del denaro.

La frattura tra la Fed e l’amministrazione Trump si è consumata nell’aula della riunione più attesa dell’anno, dove nove membri hanno votato per lo status quo contro due dissidenti che premevano per una riduzione di 25 punti base. Una spaccatura che racconta di tensioni sotterranee e strategie divergenti sulla direzione economica del Paese.

Jerome Powell, presidente della Fed, ha difeso a spada tratta la scelta istituzionale durante una conferenza stampa dai toni tesi: “L’indipendenza della Fed dovrebbe essere rispettata e mantenuta, finché continua a servire il bene pubblico”. Parole che suonano come una replica diretta agli attacchi presidenziali, mentre l’economia americana naviga in acque agitate tra un’inflazione ancora troppo alta e una crescita che mostra segni di moderazione.

La strategia di Powell è quella dell’attesa calcolata: osservare l’impatto dei dazi sull’economia prima di muovere nuove pedine sulla scacchiera monetaria. “Per il momento, siamo in buona posizione per saperne di più”, ha dichiarato, lasciando intendere che settembre potrebbe essere il mese della svolta. Un appuntamento che Trump stesso ha cerchiato in rosso sul calendario, aspettandosi quel taglio che oggi gli è stato negato.