Alan Friedman e l’ipocrisia anti-Trump: il giornalista che prima sorrideva, ora insulta

Donald Trump e Alan Friedman

Alan Friedman, giornalista americano da anni attivo in Italia, è diventato una delle voci più aggressive contro Donald Trump, attaccandolo senza sosta in televisione, sui social e nei suoi articoli. Eppure, una foto del 2017 che lo ritrae sorridente mentre stringe la mano al neoeletto presidente americano riemerge puntualmente a ogni sua nuova invettiva, sollevando dubbi sulla sua coerenza.

Dalla stretta di mano agli insulti: un cambio di rotta sospetto

Friedman, noto per le sue analisi economiche e politiche, non risparmia critiche all’ex presidente, soprattutto sulla gestione dei dazi e l’instabilità finanziaria. A La7 ha recentemente dichiarato che le politiche trumpiane “sono destinate a fare un boomerang lesivo per l’economia americana”. Ma se oggi lo dipinge come un pericolo per gli Stati Uniti e il mondo, sette anni fa sembrava ben contento di incontrarlo, immortalato in uno scatto che oggi suona come una clamorosa contraddizione.

L’ira sui social e le reazioni degli utenti

Il suo ultimo post su X (ex Twitter) è un concentrato di disprezzo: “Vi rendete conto che abbiamo ancora tre anni e mezzo di questo deficiente alla Casa Bianca?”. La reazione del web non si è fatta attendere, con molti che gli hanno rinfacciato la foto del 2017. “Prima ti facevi fotografare con lui, ora lo insulti: deciditi”, gli ha risposto un utente.

“Se gli americani hanno votato non una volta ma ben due volte per questa persona, consapevole di chi è, allora l’elettorato americano merita Trump. Ma il resto del mondo no!”, Friedman ha replicato. Peccato che, all’epoca di quella foto, il giornalista non sembrasse affatto preoccupato per le conseguenze globali di una presidenza Trump.

Un opportunismo da tastiera?

La domanda che molti si pongono è: Friedman ha davvero cambiato idea, o semplicemente ha capito che attaccare Trump conviene al suo personaggio pubblico? Negli ultimi anni, infatti, le critiche al tycoon sono diventate un vero e proprio marchio di fabbrica del giornalista, garantendogli visibilità e engagement sui social. Ma se un tempo non aveva remore a mostrarsi amichevole con lui, oggi la sua retorica si è fatta sempre più radicale, quasi performativa.

Alan Friedman incarna perfettamente il paradosso di chi oggi demonizza Trump dopo averne, almeno per un momento, celebrato l’ascesa. Se le sue critiche economiche possono essere condivisibili, la mancanza di autocritica sul suo passato sostegno (per quanto superficiale) mina la sua credibilità. In un’epoca in cui l’antitrumpismo è diventato quasi una moda, c’è da chiedersi se il suo sia un vero cambiamento di prospettiva o solo l’ennesimo tentativo di cavalcare l’onda del dibattito pubblico.