Tre volti per un paese diviso: la Norvegia verso le urne

Il voto del 7-8 settembre potrebbe ridisegnare gli equilibri parlamentari. Tra fronde interne, accuse infuocate e ombre familiari, la corsa al governo norvegese si trasforma in un thriller politico

Erna Solberg, Sylvi Listhaug e Jonas Gahr Støre

Erna Solberg, Sylvi Listhaug e Jonas Gahr Støre

La Norvegia si prepara a un voto cruciale. Il 7 e 8 settembre, almeno nove partiti politici sono destinati a ottenere seggi nel nuovo Parlamento, ma solo tre leader si contendono la carica di primo ministro. Una corsa serrata, incerta, che potrebbe ridefinire gli equilibri di potere nel paese scandinavo.

In testa ai sondaggi, seppur di misura, c’è Jonas Gahr Støre, 65 anni, leader del Partito Laburista e primo ministro in carica dal 2021. A capo di un governo di minoranza di sinistra, Støre ha affrontato un mandato segnato da turbolenze economiche e tensioni interne. L’inflazione e l’aumento dei tassi d’interesse hanno eroso parte del consenso, costringendolo a un rimpasto nel gennaio 2025. In quell’occasione, ha nominato ministro delle Finanze Jens Stoltenberg, suo storico alleato ed ex segretario generale della NATO. Una mossa strategica, che ha rafforzato il profilo del partito ma non ha dissipato i dubbi sulla tenuta della coalizione.

Il rischio di una sinistra frammentata

Secondo le ultime rilevazioni, il Partito Laburista potrebbe dover contare sull’appoggio di ben quattro partiti minori per mantenere il controllo del Parlamento, rispetto ai due attuali. Un’ipotesi che renderebbe la governabilità più complessa e fragile, aumentando il peso delle trattative post-elettorali.

A sfidare Støre c’è Sylvi Listhaug, 47 anni, leader del Progress Party, formazione populista di destra. Ex consulente di pubbliche relazioni, Listhaug ha ricoperto cinque incarichi ministeriali tra il 2013 e il 2020, tra cui Agricoltura, Giustizia ed Energia. Il suo programma punta su tagli fiscali, stretta sull’immigrazione e pene più severe per i reati.

Nel 2018, Listhaug fu costretta a dimettersi dopo aver accusato pubblicamente il Partito Laburista di anteporre i diritti dei terroristi alla sicurezza nazionale. Un post su Facebook che scatenò polemiche roventi. Tornata al governo nel 2019, è stata eletta leader del Progress Party nel 2021, consolidando la sua posizione come figura di riferimento della destra norvegese.

La destra tra populismo e provocazioni

Listhaug rappresenta l’anima più dura del centro-destra, ma la sua retorica polarizzante potrebbe limitarne l’appeal tra gli elettori moderati. Il Progress Party è in crescita nei sondaggi, ma resta da vedere se riuscirà a costruire una coalizione credibile.

Il terzo nome in campo è quello di Erna Solberg, 64 anni, già primo ministro dal 2013 al 2021 e leader del Partito Conservatore da oltre vent’anni. Solberg punta a un ritorno al governo guidando un blocco di quattro partiti di centro-destra, tra cui il Progress Party stesso.

Nonostante il Partito Conservatore sia indietro nei sondaggi rispetto al Progress, Solberg insiste sul profilo moderato della sua formazione, ritenendolo più adatto ad attrarre gli elettori centristi necessari per battere il blocco di sinistra. La sua campagna si concentra su tagli alle tasse, riforma del settore pubblico e miglioramento del sistema scolastico.

Solberg e l’ombra del passato

A pesare sulla corsa di Solberg c’è la controversia del 2023, quando emerse che il marito era un assiduo trader di borsa durante il suo mandato. Un caso che ha sollevato interrogativi sull’etica e la trasparenza, ma che Solberg cerca di superare puntando su esperienza e pragmatismo.