Fegato grasso, l’epidemia nascosta: una su quattro persone colpite in Italia

La steatosi epatica non alcolica, più comunemente nota come ‘fegato grasso’, rappresenta oggi una minaccia silenziosa che interessa il 25% degli adulti italiani. Questa patologia si manifesta con un accumulo anomalo di trigliceridi nelle cellule epatiche, conseguenza diretta di sovrappeso, obesità viscerale e dislipidemia, spesso accompagnata da insulino-resistenza. Se trascurata, la malattia può evolvere in infiammazione cronica, cirrosi epatica e persino epatocarcinoma, delineando uno scenario drammatico per la salute pubblica.

Un recente studio italiano getta nuova luce su una possibile svolta terapeutica: l’introduzione di Gdue, un integratore alimentare composto da due alghe marine brune (Ascophyllum nodosum e Fucus vesiculosus) e cromo picolinato, capace di migliorare significativamente i parametri metabolici e la condizione epatica. La ricerca, presentata al congresso nazionale della Società Italiana di Nutraceutica (Sinut) a Bologna, è la prima a valutare rigorosamente l’efficacia di questo nutraceutico in confronto alla sola dieta.

Studio clinico su 100 pazienti con sindrome metabolica: i risultati 

La sperimentazione clinica, condotta in doppio cieco e randomizzata dalla clinica Gastroenterologica dell’Università di Genova sotto la direzione del professore Edoardo Giannini, ha coinvolto 100 pazienti affetti da steatosi epatica e obesità centrale. Divisi in due gruppi, i partecipanti sono stati sottoposti a un regime alimentare ipocalorico basato sul modello mediterraneo; 50 di loro hanno ricevuto Gdue, mentre gli altri un placebo.

Dopo sei mesi di trattamento, la valutazione tramite Fibroscan Cap, tecnica ecografica avanzata, ha mostrato risultati importanti. Come spiega la coordinatrice dello studio, la professoressa Livia Pisciotta, “in tutti i partecipanti si è registrata una riduzione del peso grazie alla dieta, ma il gruppo trattato con Gdue ha evidenziato un calo statisticamente significativo dell’indice di massa corporea”.

Il gruppo che ha assunto il nutraceutico ha riportato una perdita di peso media del 4,7%, accompagnata da una significativa riduzione della massa grassa e un inaspettato aumento del colesterolo HDL, il cosiddetto ‘colesterolo buono’. Questi dati, confermati anche da studi precedenti sul nutraceutico, aprono interessanti prospettive anche sulla prevenzione del rischio cardiovascolare.

Oltre la dieta: Gdue come arma nel controllo del fegato grasso

Un punto cruciale è anche la riduzione significativa del contenuto di grasso nel fegato, misurato con precisione dal Fibroscan Cap, che nel gruppo trattato supera i risultati ottenuti dalla sola dieta ipocalorica. La patologia, come evidenzia la Pisciotta, colpisce in prevalenza persone non più giovani, spesso affette da malattie croniche correlate, e si manifesta con tassi doppi tra i diabetici rispetto alla popolazione generale.

Particolarmente allarmante è la diffusione anche tra i bambini in caso di grave obesità. Attualmente, i farmaci approvati per la gestione della steatosi epatica non alcolica sono pochi e poco sperimentati nella pratica clinica routinaria. In questo contesto, Gdue si propone come un’opzione di trattamento promettente, soprattutto nelle fasi iniziali della malattia.

La nutraceutica, sottolinea la coordinatrice, “può rappresentare un valido supporto nella gestione delle patologie metaboliche, a condizione che l’integratore venga affiancato a uno stile di vita sano, dieta equilibrata e attività fisica regolare”. Tuttavia, non sempre è facile modificare abitudini radicate, motivo per cui l’apporto farmacologico di un integratore efficace può diventare determinante.