“GRANDE FRATELLO AL LAVORO”: ufficiale, il capo puoi spiarti sia in sede che a casa I LICENZIAMENTO IMMEDIATO se non gli piace quello che vede
Licenziamento (pexels) - IlFogliettone.it
Secondo questa sentenza il capo può farti seguire da un investigatore privato per raccogliere le prove
La storica ordinanza n. 24564 del 4 settembre 2025 della Cassazione prende le mosse da una vicenda aziendale che ha visto protagonista un letturista con performance decisamente inferiori alle aspettative. Nel 2019 i risultati del dipendente erano nettamente più bassi rispetto agli obiettivi prefissati e rispetto a quelli dei colleghi, senza che ciò costituisse di per sé motivo immediato di licenziamento. I giudici della Suprema Corte hanno evidenziato come questo calo di rendimento abbia costituito uno spunto oggettivo per avviare ulteriori verifiche, sottolineando l’importanza di basare le azioni disciplinari su elementi concreti e misurabili.
L’azienda, lungi dall’agire d’impulso, ha deciso di rimandare l’azione disciplinare e di avviare nel 2020 un’indagine sistematica sul comportamento del letturista. Questa strategia ha avuto un ruolo fondamentale nella legittimità dell’intero procedimento, poiché ha dimostrato che i sospetti non erano infondati. La gradualità dell’approccio ha permesso all’impresa di raccogliere prove solide prima di procedere con eventuali contestazioni formali, rafforzando la posizione difensiva dell’azienda in eventuali contenziosi.
Nel secondo semestre del 2020, l’azienda ha incaricato un’agenzia investigativa privata per monitorare il dipendente. Il lavoro dell’investigatore ha evidenziato comportamenti fraudolenti e negligenza, documentando l’uso improprio del palmare aziendale, con registrazioni di inizio e fine attività non corrispondenti alla realtà. Il letturista si recava in luoghi estranei ai propri compiti e trascorreva lungo tempo inattivo all’interno dell’auto aziendale, violando la fiducia dell’impresa. Anche la mancata osservanza dell’obbligo di indossare la divisa ha contribuito a delineare un quadro di incuria generale.
Il lavoratore ha contestato la tempestività dell’azione disciplinare, ma la Cassazione ha chiarito che spetta ai tribunali di merito valutare il momento in cui l’azienda può procedere formalmente. Nel caso specifico, l’azione dell’impresa è stata giudicata corretta, poiché è stata avviata solo dopo la raccolta di prove concrete. La sentenza ribadisce che i controlli difensivi su dipendenti con fondati sospetti di comportamenti illeciti sono sempre ammissibili, soprattutto quando la condotta possa arrecare danno all’azienda o alla sua immagine.
La prevalenza del diritto aziendale sulla privacy
Un aspetto centrale della decisione riguarda il bilanciamento tra tutela aziendale e privacy del lavoratore. La Corte ha confermato che, soprattutto per chi opera all’esterno dei locali aziendali, il diritto dell’impresa a proteggere i propri interessi prevale sulle rivendicazioni di riservatezza del dipendente. Questo principio consolida la legittimità di strumenti di controllo tecnologico e investigativo, purché siano applicati in presenza di sospetti concreti e documentati.
La sentenza evidenzia le difficoltà nel trovare un equilibrio tra esigenze di controllo e tutela dell’autonomia personale. In un contesto lavorativo sempre più digitalizzato, i dispositivi tecnologici permettono di monitorare ogni spostamento, aumentando il rischio di sorveglianza eccessiva. La Cassazione invita a considerare la legittimità dei controlli in relazione al contesto, evitando di trasformare il rapporto di lavoro in una forma di vigilanza totale.

Implicazioni per il lavoro esterno
Chi lavora fuori ufficio deve comprendere che la libertà operativa è condizionata dal diritto dell’azienda a verificare l’operato. La decisione rafforza la possibilità di interventi mirati e documentati, ma allo stesso tempo solleva interrogativi sulla soglia tra controllo lecito e invasività. Il futuro del lavoro esterno dipenderà dalla capacità di definire limiti chiari all’uso della tecnologia e delle indagini aziendali.
L’ordinanza n. 24564 rappresenta un precedente fondamentale per la giurisprudenza italiana, consolidando principi di legittimità dei controlli difensivi. La sentenza fornisce un quadro chiaro per le imprese che intendono tutelarsi da comportamenti fraudolenti, ma indica anche la necessità di garantire un uso proporzionato degli strumenti di sorveglianza. In questo equilibrio tra protezione aziendale e rispetto della privacy, la tecnologia e la legge dovranno collaborare per definire i confini di un controllo giusto e sostenibile.
