Tajani avverte la Flotilla partita da Creta: nessuna protezione in caso di attacco

Gli attivisti italiani confermano la rotta verso Gaza mentre dalle istituzioni arrivano solo moniti e la delegazione si spacca di fronte ai pericoli.

I parlamentari e gli attivisti italiani a bordo della Global Sumud Flotilla hanno annunciato di essere ripartiti da Creta, ribadendo la determinazione a proseguire la missione verso Gaza. Dopo giorni di tensioni, accuse di sabotaggio e attacchi subiti dalle imbarcazioni, la delegazione ha smentito le notizie circolate in Italia secondo cui avrebbe deciso di interrompere la partecipazione. “La missione va avanti”, ha dichiarato l’europarlamentare di Avs Benedetta Scuderi, sottolineando l’obiettivo primario: aprire un corridoio umanitario permanente verso la Striscia.

La partenza da Creta e le ultime ore

“Stiamo affinando gli ultimi dettagli tecnici. Penso che tra qualche ora si partirà, e a quel punto in due ore saremo in acque internazionali”, ha raccontato Scuderi, all’ottavo giorno di navigazione. Dopo lo scalo tecnico a Creta, la Global Sumud Flotilla, composta da una flotta internazionale, naviga verso est mantenendo come priorità il sostegno alla popolazione palestinese di Gaza, dove – hanno ricordato i delegati italiani – solo all’alba sono state uccise altre 44 persone, tra cui civili in attesa di aiuti.

In una nota diffusa nelle ultime ore, la delegazione ha chiarito che circa 40 dei 50 italiani coinvolti hanno scelto di restare a bordo: “Il sostegno a chi ha deciso di tornare a terra è forte, ma chi prosegue lo fa con rinnovata energia”.

Le divisioni interne e le pressioni dall’esterno

Tra coloro che hanno abbandonato la missione figura la portavoce Maria Elena Delia, rientrata in Italia. La delegazione ha tuttavia rimarcato come la scelta sia “legittima” per via dei rischi e dello stress crescente. “Le imbarcazioni sono state più volte attaccate da droni militari, Israele ci minaccia da settimane. Inoltre la Farnesina ha comunicato alle famiglie che non verrà offerta protezione in caso di assalto”, si legge nel comunicato, che definisce l’atto “un sabotaggio gravissimo”.

Di fronte alle divergenze, dalla delegazione emerge l’appello all’”intelligenza emotiva collettiva”, elemento considerato decisivo per gestire tensioni e rafforzare la scelta di chi rimane a bordo.

Per i partecipanti, ridurre la missione alla sola consegna di aiuti è fuorviante. La Flotilla, ribadiscono, ha come obiettivo denunciare “il blocco navale illegale imposto nel 2007 da Israele, l’assedio e l’occupazione coloniale che producono genocidio quotidiano per due milioni di persone a Gaza”. Un messaggio politico forte, che insiste sulla necessità di rompere l’assedio attraverso un corridoio umanitario internazionale stabile e legittimo.

La posizione del governo italiano

Sul caso è intervenuto anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che da Telese Terme ha ribadito la linea di prudenza del governo: “Noi abbiamo detto quali sono i rischi. Le parole del presidente Mattarella sono inequivocabili. Fino a che possiamo fare qualcosa per scongiurare rischi per i cittadini italiani, lo facciamo”. Tajani ha poi chiarito che non sarà la Marina italiana ad assicurare scorta militare ai partecipanti: “Se poi entrano dentro, li assisteremo là, ma la nave militare non dà protezione”. A margine, il ministro ha espresso disponibilità a confrontarsi con Maria Elena Delia, di rientro dall’imbarcazione: “Se mi chiama io sto qua”.