Il piano di Trump per la pace, il Vaticano chiede garanzie per gli ostaggi e per Gaza
In un momento di stallo diplomatico globale, Parolin avverte che soluzioni superficiali o unilaterali rischiano di aggravare il conflitto, mentre solo un processo inclusivo e giusto può spezzare la spirale di violenza.

Due anni dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, che ha innescato una delle crisi umanitarie più devastanti del nostro tempo, il Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, lancia un appello urgente per la pace: ogni piano che coinvolga il popolo palestinese nel proprio destino, liberi gli ostaggi e ponga fine alla strage quotidiana è da sostenere senza esitazione.
Il cardinale, in un’intervista rilasciata ai media vaticani in occasione del secondo anniversario dell’attacco terroristico, non nasconde il dolore per le sofferenze inflitte a civili israeliani e palestinesi, condanna con fermezza la violenza indiscriminata e chiede alla comunità internazionale di assumersi le proprie responsabilità. “Non possiamo permettere che questa spirale di odio ci trascini in un abisso senza ritorno”, afferma con voce carica di urgenza morale.
Parolin ricorda con chiarezza che l’attacco di Hamas — compiuto durante la festa ebraica di Simchat Torah — fu “disumano e ingiustificabile”, soprattutto per la brutalità rivolta contro donne, bambini e anziani. La Santa Sede, fin dalle prime ore, ha condannato senza ambiguità l’atto terroristico, chiedendo la liberazione immediata degli ostaggi e manifestando vicinanza alle famiglie colpite. “Abbiamo pregato e continuiamo a farlo”, sottolinea, rievocando i 21 appelli pubblici lanciati da Papa Francesco negli ultimi 18 mesi della sua vita e proseguiti dal suo successore, Papa Leone XIV.
Il cardinale esprime particolare commozione per le immagini dei prigionieri rinchiusi nei tunnel di Gaza, “ridotti alla fame” e dimenticati da molti. “Non possiamo né dobbiamo dimenticarci di loro”, insiste, assicurando la disponibilità della Santa Sede a fare “tutto il possibile” affinché i familiari possano riabbracciare i propri cari o almeno dare loro degna sepoltura.
L’antisemitismo è un cancro da estirpare
In un passaggio di grande rilevanza etica, Parolin denuncia con forza la recrudescenza dell’antisemitismo globale, definito “un cancro da combattere e da estirpare”. L’odio contro gli ebrei, avverte, è spesso alimentato da fake news e semplificazioni pericolose che attribuiscono collettivamente agli ebrei la responsabilità delle sofferenze a Gaza. “Sappiamo che non è così”, precisa, ricordando le tante voci di dissenso nel mondo ebraico contro le politiche del governo israeliano e l’espansionismo violento dei coloni nei Territori palestinesi.
Il Segretario di Stato richiama la memoria della Shoah come monito perenne: “Dobbiamo impegnarci con tutte le forze perché questo male non rialzi la testa”. Allo stesso tempo, però, condanna ogni forma di discriminazione contro i palestinesi, respingendo la pericolosa equazione che li vede come “potenziali terroristi”. “La perversa catena dell’odio genera solo altra violenza”, ammonisce, esortando a imparare dalla storia invece di ripeterne gli errori.
La comunità internazionale è complice del silenzio
Parolin non risparmia critiche alla comunità internazionale, accusata di “impotenza” e inerzia di fronte a una carneficina che prosegue indisturbata. “Non basta dire che è inaccettabile quanto avviene e poi continuare a permettere che avvenga”, tuona. In particolare, si interroga sulla “liceità” del continuo flusso di armi verso zone di conflitto, utilizzate a danno della popolazione civile.
Pur riconoscendo i limiti strutturali delle Nazioni Unite, il cardinale invita a rafforzarne il ruolo per affrontare le “guerre fratricide” che insanguinano il pianeta. “Ci sono attori internazionali che potrebbero influire molto di più”, afferma, chiedendo una presa di coscienza collettiva e un’azione concreta, non solo verbale.
Due popoli, due Stati: l’unica via per la pace
Per Parolin, la soluzione rimane chiara e coerente con la posizione storica della Santa Sede: “La nascita di uno Stato palestinese è più che mai necessaria”. La via dei “due popoli, due Stati” è l’unica capace di garantire giustizia, sicurezza e dignità sia agli israeliani che ai palestinesi. Pur accogliendo con favore il riconoscimento dello Stato di Palestina da parte di diversi Paesi, il cardinale esprime preoccupazione per le politiche israeliane che, a suo dire, mirano a “impedire per sempre” la realizzazione di questa prospettiva.
Anche i cristiani di Gaza, ricorda, sono vittime di questa guerra. Ridotti a poche centinaia, continuano a resistere nonostante le minacce, le distruzioni e l’assedio. “Mi commuove pensare a queste persone che pregano ogni giorno per la pace e per le vittime”, dice, ringraziando il Patriarcato latino di Gerusalemme e Caritas per il loro impegno umanitario. Le chiese, trasformate in rifugi per sfollati, malati e bambini affamati, sono diventate “ultimi presidi di umanità”.
La speranza nasce dai giovani
Nonostante il buio del conflitto, Parolin intravede un barlume di speranza nell’impegno dei giovani e nella partecipazione alle manifestazioni pacifiche. “È il segno che non siamo condannati all’indifferenza”, afferma, esortando a prendere sul serio “quel desiderio di pace” che emerge dal basso. “Ne va del nostro futuro, ne va del futuro del nostro mondo”, conclude con tono solenne, richiamando tutti a una responsabilità condivisa.
