Gaza, scontro diplomatico: Israele accusa il Vaticano di fiancheggiare il terrorismo
Un duro attacco diplomatico arriva dall’Ambasciata d’Israele presso la Santa Sede, che in un post sulla piattaforma X ha criticato le dichiarazioni del Segretario di Stato vaticano, Cardinale Pietro Parolin. L’ambasciata accusa le parole del porporato di minare gli sforzi per la pace a Gaza e di rischiare di alimentare il crescente antisemitismo, innescando una rara disputa pubblica tra i due Stati.
La nota israeliana contesta in particolare il linguaggio utilizzato da Parolin, definendolo “problematico” per la sua “equivalenza morale” tra le azioni di Hamas e lo Stato di Israele. Viene specificamente citato “l’applicazione del termine ‘massacro’ sia all’attacco genocida di Hamas del 7 ottobre sia al legittimo diritto di Israele all’autodifesa”. Secondo l’ambasciata, “non esiste equivalenza morale tra uno Stato democratico che protegge i propri cittadini e un’organizzazione terroristica intenzionata a ucciderli”, con l’auspicio che le future dichiarazioni vaticane “riflettano questa importante distinzione”.
Le ragioni di una reazione
Le critiche israeliane si concentrano sulla percezione di uno squilibrio nel discorso del cardinale. L’ambasciata sostiene che l’intervista si sia focalizzata sulle critiche a Israele, trascurando ciò che definisce “il continuo rifiuto di Hamas di rilasciare gli ostaggi o di porre fine alla violenza”. Questa, secondo la diplomazia israeliana, non è solo una questione di contenuti, ma di principio, poiché equiparare le due parti in causa finirebbe per delegittimare il diritto alla difesa di uno Stato sovrano.
Nel corso dell’intervista che ha scatenato la polemica, il cardinale Parolin aveva invece ribadito con forza la posizione di lungo corso della Santa Sede, affermando che “la nascita di uno Stato palestinese, dopo quanto avvenuto negli ultimi due anni, sembra ancora di più valida”. Il Segretario di Stato ha ricordato che la via dei “due popoli in due Stati” è la soluzione perseguita dal Vaticano fin dall’inizio, sottolineando come le sorti di israeliani e palestinesi siano “interconnesse”.
La posizione della Santa Sede sul futuro palestinese
Parolin ha richiamato alla memoria il riconoscimento ufficiale dello Stato di Palestina da parte della Santa Sede, avvenuto dieci anni fa con un Accordo Globale. Tale intesa, ha spiegato, “supporta pienamente una risoluzione giusta, comprensiva e pacifica della questione della Palestina, in tutti i suoi aspetti, in conformità al diritto internazionale”. La visione vaticana è quella di uno Stato palestinese “indipendente, sovrano, democratico e praticabile, inclusivo della Cisgiordania, di Gerusalemme Est e di Gaza”, concepito non in opposizione ad Israele, ma capace di coesistere in pace e sicurezza.
Tuttavia, il porporato ha espresso una netta preoccupazione riguardo alle recenti mosse israeliane. “Guardiamo con soddisfazione al fatto che diversi Paesi del mondo abbiano riconosciuto lo Stato di Palestina. Ma non possiamo non notare con preoccupazione – ha aggiunto Parolin – che le dichiarazioni e le decisioni israeliane vanno in una direzione opposta e, cioè, intendono impedire per sempre la possibile nascita di un vero e proprio Stato palestinese”.
Il silenzio assenso del Pontefice
A chiudere idealmente la questione, almeno per la parte vaticana, sono state le parole di Papa Francesco. Uscendo da Villa Barberini a Castel Gandolfo e interpellato dai giornalisti sulla reazione israeliana, il Pontefice ha preferito non aggiungere commenti, affermando semplicemente: “Il cardinale ha espresso molto bene l’opinione della Santa Sede”. Una risposta laconica che, però, suona come un pieno e totale endorsement alle posizioni espresse dal suo Segretario di Stato, confermando l’allineamento della leadership vaticana sulla spinosa questione.
