Blitz contro la rete del denaro: associazioni “umanitarie” nel mirino per 7 milioni a Hamas. Interrogatorio di garanzia per Hannoun

Mohammed Hannoun

Mohammed Hannoun

C’è un filo rosso, fatto di milioni di euro, che dalle raccolte fondi in Italia, presentate come benefiche, sarebbe arrivato fino alle casse di Hamas. È la ricostruzione al centro dell’operazione “Domino”, coordinata dalla procura nazionale antimafia e antiterrorismo. Venticinque indagati, sette arresti tra sabato e domenica – incluso il fondatore di una delle principali associazioni di solidarietà con i palestinesi –, oltre un milione di euro sequestrato in contanti e una rete di finanziamento stimata in oltre 7 milioni. È lo scenario emerso dalle indagini che hanno portato a perquisizioni in 17 città e alla richiesta di cattura per due latitanti.

Le accuse, supportate da intercettazioni e informazioni internazionali, sono pesantissime: i fermati, tra cui il giordano Mohammed Hannoun, fondatore dell’Associazione Benefica di Solidarietà con il Popolo Palestinese (Abspp), sarebbero membri di Hamas all’estero. Avrebbero svolto, in questi anni, ruoli operativi nella propaganda, nella raccolta e nel trasferimento di ingenti risorse economiche al gruppo terroristico palestinese, designato tale dall’Unione Europea. Dopo i primi fermi, le indagini sono proseguite con una nuova ondata di perquisizioni che hanno portato al sequestro, oltre che del denaro, di computer, cellulari e materiale informatico da analizzare.

La pista dei documenti cancellati e l’hard disk “di fiducia”

Secondo gli investigatori, alcuni documenti compromettenti sarebbero stati cancellati dai pc delle sedi operative per il timore di controlli. Una copia, però, sarebbe stata conservata su un hard disk esterno e affidata a un “amico di fiducia”, finendo così nel mirino della procura. L’inchiesta si è avvalsa della collaborazione con altri paesi, tra cui Israele e i Paesi Bassi, che hanno aiutato i magistrati genovesi a ricostruire i complessi movimenti del denaro. Proprio questa collaborazione è al centro delle prime difese. I legali di Hannoun parlano di “accuse costruite su elementi forniti da Israele”.

Mohammed Hannoun, l’architetto giordano arrestato a Genova, ha incontrato i suoi avvocati nel carcere di Marassi. “È stato molto lucido e preciso nel ricostruire tutti i passaggi dei finanziamenti”, hanno riferito gli avvocati Emanuele Tambuscio e Fabio Sommovigo dopo un colloquio di due ore. La difesa sottolinea come il loro assistito abbia “sempre operato in maniera tracciabile e sempre con associazioni registrate, molte delle quali anche in Israele”. Oggi, martedì 30 dicembre, giorno dell’interrogatorio di garanzia, Hannoun “chiarirà alcuni passaggi con la gip attraverso una dichiarazione spontanea ma su nostro consiglio – hanno precisato i legali – non si sottoporrà a interrogatorio”.

Il nodo delle prove israeliane e la difesa delle Ong

Un punto cruciale per la difesa sarà la natura delle prove fornite da Israele. “Materiale sequestrato o formato ‘sul campo di battaglia’ – spiegano gli avvocati – non sappiamo con quali modalità e garanzie procedurali”. Per loro, si tratta di “atti di indagine di una polizia estera”, la cui utilizzabilità in un processo italiano dovrà essere valutata. Anche Rahed al Salahat, altro indagato arrestato a Firenze, ha incontrato il suo legale, Samuele Zucchini. “Risponderemo alle domande e chiederò la scarcerazione”, ha detto l’avvocato, presentando il suo assistito come un dipendente che si occupava di raccogliere fondi per “medicinali, cibo e acqua a Gaza”.

Le reazioni politiche e della società civile non si sono fatte attendere. Il Coordinamento dei Giuristi e Avvocati per la Palestina (Gav) ha espresso “sconcerto per la grancassa mediatica”, pur ribadendo fiducia nella magistratura italiana. Il coordinamento contesta però decisamente l’uso di fonti israeliane, definite “di scarsa attendibilità”. Anche il Coordinamento Torino per Gaza parla di “attacco repressivo”. Sul piano politico, Silvia Salis, sindaca di Genova, ha annunciato querele per chi l’ha accusata di contatti con Hannoun, pur senza “prendere distanza dal movimento di solidarietà”. Avs, attraverso Marco Grimaldi, replica: “Non abbiamo nulla di cui scusarci. Quereleremo chi diffonde menzogne”.

La fibrillazione politica e l’informativa alla Camera

Fratelli d’Italia, dal canto suo, attacca: “La partecipazione di molti sindaci ed esponenti di sinistra a quelle manifestazioni – dice il senatore Paolo Marcheschi – non può passare inosservata”. Il caso è ormai esploso a livello nazionale, al punto che la conferenza dei capigruppo della Camera ha stabilito un’informativa urgente del governo. Mercoledì 14 gennaio, alle 17.30, i ministri competenti illustreranno a Montecitorio quanto accaduto e lo stato delle indagini. Un passaggio istituzionale che conferma la gravità delle accuse e l’impatto politico di un’inchiesta che scuote il mondo dell’associazionismo solidale e ridisegna i confini, spesso opachi, tra aiuto umanitario e sostegno al terrorismo.