Albanese: assalto a La Stampa è un “monito ai giornalisti”. E scoppia la polemica, Meloni:
Il PD si schiera con il governo sulla condanna dell’episodio. La relatrice ONU in tv: “Mi criticano perché faccio paura, rappresento il risveglio delle coscienze”.
Francesca Albanese
Francesca Albanese, relatrice ONU sui Territori Occupati, finisce al centro delle polemiche dopo aver definito l’irruzione nella redazione de La Stampa “un monito” ai giornalisti, pur condannando la violenza. Le sue dichiarazioni, rilasciate durante un evento a Roma Tre, scatenano le reazioni di Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia e del Partito Democratico.
L’episodio che infiamma il dibattito politico risale all’irruzione di alcuni manifestanti pro-Palestina negli uffici del quotidiano torinese. Albanese interviene all’evento organizzato dal Global Movement to Gaza presso l’università Roma Tre e, pur condannando formalmente la violenza, riflette sul modo in cui la stampa italiana ha raccontato i movimenti di sostegno al popolo palestinese. Le sue parole – che indicano l’accaduto come occasione per i giornalisti di “tornare a fare il proprio lavoro” – innescano immediate reazioni istituzionali e politiche.
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni risponde con un tweet che, senza nominare direttamente la relatrice ONU, ne censura implicitamente la posizione: “La libertà di stampa è un pilastro della nostra democrazia e va difesa sempre, senza ambiguità. È molto grave che, di fronte a un episodio di violenza contro una redazione giornalistica, qualcuno arrivi a suggerire che la responsabilità sia – anche solo in parte – della stampa stessa”. La premier aggiunge un monito netto: “La violenza non si giustifica. Non si minimizza. Non si capovolge”.
Da Malan a Zingaretti: il fronte trasversale delle critiche
Il capogruppo di Fratelli d’Italia in Senato, Lucio Malan, attacca frontalmente Albanese: “Condanna formalmente le violenze, ma poi lancia un monito da regime dittatoriale”. La critica attraversa l’arco parlamentare e raggiunge il Partito Democratico. Nicola Zingaretti, capo della delegazione dem all’Europarlamento, prende posizione con fermezza: “Aggredire la redazione di un giornale con azioni squadristiche è un atto intollerabile, e non esiste alcuna ragione che possa giustificarlo”.
La condanna del PD rappresenta un elemento significativo: il principale partito di opposizione si schiera infatti sulla stessa linea della maggioranza di governo, evidenziando come la questione della libertà di stampa superi le divisioni politiche tradizionali. Carlo Bartoli, presidente dell’Ordine dei Giornalisti, usa toni altrettanto duri: “Le parole di Francesca Albanese sull’irruzione nella redazione de La Stampa a Torino sono irresponsabili e pericolose. Nessuna giustificazione, nemmeno indiretta o con una condanna di facciata, può essere concessa a chi mette i giornalisti nel mirino”.
Albanese replica sui social e in tv: “Faccio paura perché rappresento il cambiamento”
Dopo le prime reazioni, Albanese torna sul tema attraverso un tweet nel quale ribadisce la condanna ma aggiunge un elemento interpretativo: “Condanno gli attacchi di ieri alla sede della Stampa. La rabbia verso un sistema mediatico che distorce la realtà in Palestina è comprensibile, ma la violenza – anche dentro un sistema violento – finisce per rafforzare chi ci opprime”. La formula usata – che definisce “comprensibile” la rabbia dei manifestanti – viene letta da molti osservatori come una giustificazione implicita del gesto.
In serata la relatrice ONU è ospite del programma “Accordi e Disaccordi” sul canale Nove, dove risponde direttamente alle critiche di Meloni e degli altri esponenti politici. “Secondo me mi criticano perché faccio paura, rappresento il cambiamento e il risveglio delle coscienze”, afferma Albanese, che poi spiega: “Non lo faccio volontariamente: l’Italia si è risvegliata, ha visto che l’economia della guerra che massacra i palestinesi è la stessa che sta erodendo i diritti fondamentali in questo Paese”.
La relatrice rivendica la propria posizione critica verso i media: “Sono stata chiarissima: condanno la violenza nei confronti della redazione La Stampa, la mia colpa è aver criticato anche la stampa italiana e occidentale per il pessimo lavoro, indegno, sulla questione palestinese”. Nelle dichiarazioni televisive Albanese tenta anche di chiarire il proprio pensiero sulla violenza: “La violenza non è mai una risposta neanche in una situazione violenta come l’Italia in questo momento. Neanche in un sistema violento bisogna utilizzare la violenza”.
Le conseguenze dell’episodio sul dibattito pubblico
Albanese riconosce in trasmissione che l’irruzione ha prodotto un effetto controproducente per la causa palestinese: “A parte il danno materiale e morale ai giornalisti, che è indegno, si distrugge anche la causa e le ragioni di chi scende in piazza. Prova ne è il fatto che oggi l’unica notizia di cui si parla è l’attacco indegno e violento contro la Stampa”. L’ammissione fotografa il paradosso comunicativo generato dall’episodio: un’azione che avrebbe dovuto denunciare la copertura mediatica della questione palestinese finisce per monopolizzare l’attenzione pubblica sull’aggressione stessa, oscurando le ragioni del movimento.
Il caso Albanese evidenzia la frattura sempre più marcata nel dibattito pubblico italiano sulla questione mediorientale. Da un lato il fronte trasversale – che include governo, opposizione democratica e rappresentanti della categoria giornalistica – difende senza distinguo la libertà di stampa. Dall’altro, una parte dei movimenti pro-Palestina e alcuni settori della società civile denunciano quello che considerano uno squilibrio nella narrazione del conflitto. La relatrice ONU si colloca in questa seconda prospettiva, pagando però il prezzo di un isolamento politico che attraversa tutto lo spettro parlamentare.
