Ambasciata di Gerusalemme, cresce la pressione su Trump. Insorge il mondo arabo

Ambasciata di Gerusalemme, cresce la pressione su Trump. Insorge il mondo arabo
5 dicembre 2017

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha informato telefonicamente i principali leader del Medio Oriente delle sue “intenzioni” di trasferire l’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme. A partire dal leader palestinese Abu Mazen che, a sua volta, Abu Mazen, ha avvertito delle “pericolose conseguenze di tale decisione sul processo di pace, sicurezza e stabilità nella regione e nel mondo”. L’intenzione di Trump di riconoscere Gerusalemme capitale di Israele e trasferirvi l’ambasciata americana ha scatenato le ire del mondo arabo e le preoccupazioni dell’Europa. I capi di Stato della Lega araba, durante la sessione straordinaria tenuta oggi al Cairo proprio per discutere la delicata questione, hanno rimarcato la “pericolosita’” di una simile decisione che “minaccia la stabilita’” di tutto il Medio Oriente. Ma il presidente degli Stati Uniti non molla e informa anche il re di Giordania Abdallah II di avere l’intenzione di trasferire l’ambasciata americana in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme. La Giordania, nei giorni scorsi, ha lanciato più di un avvertimento agli Stati Uniti, per le “pericolose conseguenze” di una simile mossa, come nel caso in cui Washington dovesse riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele. Duro l’avvertimento lanciato a Trump dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan che ha anche minacciato di tagliare le proprie relazioni diplomatiche con lo stato ebraico. Lo status di Gerusalemme, ha detto, e’ la “linea rossa per i musulmani”. Il presidente francese, Emmanuel Macron, ha manifestato la sua “preoccupazione”. Macron e Trump hanno avuto un colloquio telefonico nella notte, riferisce l’Eliseo, in cui il presidente francese ha detto che “la questione dello status di Gerusalemme dovra’ trovare una soluzione nel segno dei negoziati di pace tra israeliani e palestinesi”. Negoziati che devono avere come obiettivo la costituzione di due Stati “che vivano insieme in pace e in sicurezza, con Gerusalemme come capitale”, ha aggiunto Macron.

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Concetti sottolineati, in una conferenza stampa a Bruxelles con il segretario di Stato Usa Rex Tillerson, anche dall’Alto rappresentante Ue Federica Mogerini. Sulla stessa linea anche il ministro degli Esteri Angelino Alfano. Trump ha chiamato il presidente palestinese Abu Mazen e chiamera’ in giornata anche il premier israeliano Benjamin Netanyahu che il re di Giordania Abdallah. I palestinesi non hanno dubbi: l’eventuale decisione “decreterebbe” la fine dello sforzo americano di rilanciare il processo di pace. “Non accetteremo piu’ la mediazione americana, non accetteremo piu’ la mediazione del signor Trump”, ha avvertito uno stretto collaboratore di Abu Mazen, Nabil Shaath, reiterando inoltre l’avvertimento sulle reazioni arabe all’eventuale decisione americana: “Non so se questo provochera’ violenza, ma ci saranno senza dubbio manifestazioni popolari ovunque, spero che non ci sara’ violenza”, ha detto. Ma “la violenza potrebbe esplodere nel mondo arabo, che non puo’ essere controllato”. Il segretario generale della Lega araba Ahmed Abul Gheit, nel suo intervento alla sessione straordinaria, ha esortato “l’amministrazione statunitense ad astenersi da qualsiasi iniziativa che possa portare a un cambiamento dello status giuridico e politico di Gerusalemme o a pregiudicare eventuali questioni relative a una soluzione finale”. L’Arabia Saudita ha espresso “preoccupazione” per una decisione “ingiustificata” che sarebbe “una grande violazione del principio di non influenza nei negoziati sul conflitto tra Israele e i palestinesi”. Il ministro degli Esteri giordano Ayman Safadi ha avvertito gli Usa sulle “pericolose conseguenze” e ha riferito al segretario di Stato statunitense, Rex Tillerson, che una tale dichiarazione scatenerebbe grande rabbia nel mondo arabo e musulmano. Per la Casa Bianca, Trump ha solo rinviato la decisione attesa: “Il presidente e’ stato chiaro su questa materia, non e’ una questione di se ma di quando”, ha assicurato un portavoce.

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Per oggi era atteso l’annuncio sulla firma o meno da parte di Trump del ‘Presidential Waiver’, un documento che prevede la rinuncia (temporanea) al trasferimento della sede diplomatica Usa a Gerusalemme per almeno 6 mesi, come hanno fatto tutti i suoi predecessori da oltre 20 anni. “Sul ‘waiver’ oggi non sara’ fatto nulla”, ha spiegato il portavoce ai cronisti a bordo dell’Air Force One di ritorno con il presidente da Salt Lake City. “Annunceremo una decisione nei prossimi giorni”, ha aggiunto. Nel frattempo, le forze di sicurezza israeliane sono in allerta davanti al rischio di una rivolta palestinese dopo che Hamas ha minacciato una nuova intifada. I media locali riferiscono di un vertice tra la polizia e i servizi segreti nei giorni scorsi, in cui e’ stata valutata la situazione, per prepararsi a una ondata di violenza e attacchi terroristici che potrebbero essere simili ai disordini scoppiati dopo la decisione, lo scorso luglio, di introdurre i metal detectors al Monte del Tempio, per i palestinesi la Spianata delle moschee. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha risposto a Erdogan: “Che gli piaccia o no – ha detto – Gerusalemme e’ la capitale ebraica da tre mila anni. I giorni dell’impero ottomano sono finiti”. Per il premier israeliano la decisione di spostare la capitale a Gerusalemme sarebbe “la piu’ corretta dal punto di vista storico”, una decisione per la quale “non e’ necessaria l’approvazione di Erdogan”, necessaria perche’ Gerusalemme sarebbe nel mirino dell’Isis, se e’ vero, come afferma Netanyahu, che il califfato starebbe “radunando gli uomini” per attaccare la citta’. Esulta il ministro della Difesa israeliano Avigdor Lieberman, che spera in una decisione definitiva di Trump, e parla di “opportunita’ storica per rettificare l’ingiustizia”. “Spero – ha auspicato – di vedere un’ambasciata americana qui a Gerusalemme la prossima settimana o il prossimo mese”.

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