Economia

ArcelorMittal, è muro contro muro e la Procura di Milano apre un’inchiesta

E’ stata un’ennesima giornata impegnativa, sul fronte ArcelorMittal e per il futuro dei 11.000 lavoratori dello stabilimento siderurgico ex Ilva. E la vicenda si sposta non solo sul piano sindacale e politico ma anche giudiziario. A Milano i commissari straordinari hanno depositato il ricorso d’urgenza con cui chiedono all’azienda di rispettare gli accordi presi in precedenza, dal momento che non sussistono le condizioni per il recesso dal contratto. Un’iniziativa che ha trovato ampia sponda nelle parole del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che e’ stato molto duro nei confronti dell’azienda. “Il Governo non lascera’ che si possa deliberatamente perseguire lo spegnimento degli altiforni, il che significherebbe la fine di qualsiasi prospettiva di rilancio di questo investimento produttivo e di salvaguardia dei livelli occupazionali e la definitiva compromissione del piano di risanamento ambientale” ha scritto su Facebook aggiungendo che cosi’ facendo, ArcelorMittal “ne rispondera’ in sede giudiziaria sia per cio’ che riguarda il risarcimento danni, sia per cio’ che riguarda il procedimento d’urgenza”. Dal canto suo, l’azienda non sembra recedere nemmeno di un millimetro.

“Riteniamo che non siano stati rispettati i termini del contratto stesso dal punto di vista legale”, avrebbe detto Lucia Morselli, ad di ArcelorMittal, durante l’incontro tenutosi nel pomeriggio al Mise con governo e sindacati sottolineando che ci sarebbero quindi le condizioni legali per rescindere l’accordo perche’ hanno trovato condizioni diverse da quelle che si aspettavano. Tornando a Milano, sul caso e’ stata inoltre aperta un’inchiesta dalla Procura al momento senza reati ne’ indagati: c’e’ il contratto d’affitto da cui ArcelorMittal vuole recedere. A quanto si apprende da fonti giudiziarie, potrebbero ipotizzarsi reati economico – societari, anche se l’inchiesta e’ alle primissime battute ed e’ stata appena assegnata ai pm Stefano Civardi e Mauro Clerici, gli stessi che, nel marzo 2016, avevano chiesto il fallimento di Riva Fire, la controllante dell’ex gruppo proprietario dell’acciaieria. E anche su questa decisione, e’ intervenuto il premier commentando: “Ben venga anche l’iniziativa della procura di Milano che ha deciso di intervenire in giudizio e di accendere un faro anche sui possibili risvolti penali della vicenda”, ha scritto su Facebook Giuseppe Conte. Intanto l’azienda ha scritto una lettera ai ministeri, dove riepiloga e dettaglia le date della fermata, che coinvolgera’ dal 10 dicembre e sino a meta’ gennaio, i tre altiforni, e spiega inoltre le procedure che eseguira’ per la messa in sicurezza degli impianti.

Nel frattempo, infuria la polemica politica con il segretario della Lega Matteo Salvini assai critico nei confronti del governo: al comando del paese, dice, “abbiamo pericolosi incapaci, nemici delle imprese e dei lavoratori. Altro che fare causa, dimettetevi e chiedete scusa”. Anche i sindacati fanno muro: il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, al termine dell’incontro con governo e azienda al Mise, riferisce: “Noi abbiamo dichiarato, e lo diciamo con molta chiarezza, che noi, le lavoratrici e i lavoratori non saremo mai complici della chiusura dello stabilimento, per questo e’ necessario agire molto rapidamente per convocare il tavolo e per trovare le soluzioni necessarie”. “Si scordino – ha ribadito – che i lavoratori si rendano complici con il loro lavoro di chiudere lo stabilimento, questo se lo debbono scordare perche’ non succedera’”. Molto dura il segretario generale della Cisl Annamaria Furlan che invita a ripristinare lo scudo penale per non creare alibi all’azienda anche se, e’ il suo appello, “dobbiamo uscire da questi discorsi che non portano da nessuna parte, chiedere al Presidente del Consiglio di adoperarsi immediatamente per farci avere un incontro con lui e la proprieta’”. Furlan inoltre ha ribadito che “quell’accordo e’ stato fatto tra le organizzazioni sindacali e la proprieta’ con il governo che faceva da garante qui gli unici che hanno sempre retto l’accordo sono i lavoratori e le organizzazioni sindacali”. Infine, il leader della Uil Carmelo Barbagallo sostiene che non bisogna dare “il segnale che le multinazionali come al solito scorrazzano per il nostro paese anche a seguito di accordi scritti e abbastanza dettagliati e se ne vanno”.

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