Centrodestra al 46,6%. Testa a testa tra PD e Fratelli d’Italia

Centrodestra al 46,6%. Testa a testa tra PD e Fratelli d’Italia
Giorgia Meloni, Enrico Letta
22 luglio 2022

 L’appuntamento di oggi con la Supermedia è, in un certo senso, ancora più importante del solito. Il motivo è semplice: i numeri di oggi costituiscono una “fotografia” scattata pressoché in contemporanea con il precipitare della crisi di governo che ha portato, nello spazio di pochi giorni, alle dimissioni di Mario Draghi e allo scioglimento anticipato delle Camere. Lo stato di salute dei partiti (e delle coalizioni) che vediamo oggi sarà dunque un riferimento, un punto di partenza, sulla base del quale misurare l’andamento della campagna elettorale e, infine, i risultati effettivi delle elezioni politiche che si terranno a fine settembre – oppure, al più tardi, i primi giorni di ottobre. Quella che si prefigura, e non da oggi, è innanzitutto una battaglia testa a testa tra il Partito Democratico di Enrico Letta (da ieri il principale partito “draghiano” tout court) e Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni (che fin dall’inizio è stato invece il principale se non l’unico partito anti-Draghi).

Entrambi, secondo la Supermedia di oggi, otterrebbero tra il 22 e il 23 per cento dei voti, con FDI avanti di un misero 0,7%. Molto più staccata, al 14,4% (peggior dato da inizio legislatura) la Lega, che dovrà fare una campagna elettorale accontentandosi del ruolo di seconda forza del centrodestra, con almeno un pezzo importante della sua classe dirigente – in particolare i presidenti delle Regioni settentrionali – ben poco entusiasti nei confronti del leader Matteo Salvini e delle sue recenti mosse. La “vittima sacrificale” predestinata di questa campagna elettorale sembra essere il Movimento 5 Stelle: da mesi in crisi di consensi, con una scissione importante (anche se più nei numeri parlamentari che nei consensi effettivi) appena avvenuta, e ora con il serio rischio di restare escluso dall’alleanza con il PD , il M5S non avrà nemmeno molto tempo per ri-posizionarsi cercando di recuperare consensi con un “ritorno alle origini” di movimento anti-sistema e di opposizione – ammesso che questa fosse l’intenzione di Conte.

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Anche quella di Forza Italia è un’incognita: il non voto a Draghi in Senato ha comportato una frattura non indifferente nel partito di Silvio Berlusconi. I ministri Brunetta e Gelmini e il senatore Cangini che si sono già dimessi da FI e probabilmente troveranno “asilo politico” (come anche, probabilmente, gli elettori forzisti più filo-Draghi) in altri soggetti, a cominciare da Azione di Carlo Calenda e Italia Viva di Matteo Renzi. Questi due partiti, ad oggi, valgono insieme il 7,6%, non molto lontano dall’8,4% di cui è accreditata FI. Alle loro spalle, la pattuglia di partiti che lotterà per superare il 3% – soglia di sbarramento prevista dal Rosatellum – è piuttosto folta: c’è ItalExit di Paragone (2,6%), c’è Art.1/MDP (1,9%), che probabilmente cercherà un riavvicinamento col PD; e ci sono poi Verdi e Sinistra Italiana, che recentemente hanno unito le forze in un “cartello” con l’obiettivo di presentarsi alle elezioni con un unico simbolo e attualmente, se sommati, varrebbero ben il 4%.

Alle elezioni, però, ci si presenta non come liste singole, bensì come coalizioni. Il centrodestra da un lato e il PD dall’altro cercheranno di unire le forze per vincere il maggior numero di seggi nei collegi uninominali previsti dal Rosatellum. Il perimetro definitivo delle coalizioni lo sapremo solo nelle prossime settimane (i simboli e le liste dei candidati andranno depositati a inizio agosto), ma è verosimile che il centrodestra si presenti con almeno 3 liste (FDI, Lega e FI) e che il PD non riuscirà ad allearsi con il M5S o quel che ne rimarrà, ritrovandosi in questo modo con una coalizione “draghiana” molto simile a quella che si formò intorno al PD renziano nel 2018. In tal caso, la situazione ai blocchi di partenza è decisamente favorevole al centrodestra, che col 46,6% dei consensi virtuali avrebbe ben 17 punti di vantaggio su un centrosinistra così composto, e le sue chance di conquistare un’ampia maggioranza di seggi sarebbero quindi molto elevate.

Tutte queste considerazioni, però, hanno com’è ovvio un difetto: non tengono conto degli effetti sull’opinione pubblica della clamorosa crisi che nell’arco di pochi giorni ha portato alle dimissioni del governo con la più ampia base parlamentare della storia repubblicana. c’è da scommettere che, nei prossimi giorni, gli italiani terranno conto di ciò che è avvenuto in Senato nei giorni scorsi, e questo potrebbe cambiare un po’ le cose. Secondo un sondaggio Euromedia realizzato la scorsa settimana, il 74% degli italiani si dichiarava preoccupato della crisi di governo, la cui responsabilità era attribuita in gran parte a Conte (40,6%). Conseguentemente, il 62,6% degli intervistati bocciava l’apertura della crisi da parte del M5S, e solo il 30% auspicava nuove elezioni in caso di caduta dell’esecutivo. 

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Numeri simili a quelli rilevati, già a fine giugno, da un sondaggio di Demopolis, secondo cui, in caso di crisi, il 65% degli italiani auspicava un proseguimento del Governo Draghi fino alla fine naturale della legislatura. Cosa interessante, i partiti con gli elettorati più favorevoli a questa ipotesi risultavano essere quelli del PD (95%) e di Forza Italia (88%), molto più che quelli di Lega (56%) e M5S (51%), il che spiega perché il partito di Silvio Berlusconi potrebbe subire dei contraccolpi in campagna elettorale. I numeri appena visti, infine, trovano conferma nell’ultimo sondaggio di SWG: con una quota di elettori orientata alle elezioni anticipate (26%) molto ridotta rispetto ai favorevoli al proseguimento del Governo Draghi (50%), una prevalenza che si è registrata in tutti gli elettorati a eccezione – comprensibilmente – quello di FDI. Da qualunque punto la si guardi, dunque, il monitoraggio delle intenzioni di voto nelle prossime settimane sarà molto interessante.

 
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