Crisi, resta idea “lodo Grasso” in Senato. Sfida su calendario, si preannuncia una spaccatura nella capigruppo

Crisi, resta idea “lodo Grasso” in Senato. Sfida su calendario, si preannuncia una spaccatura nella capigruppo
In primo piano Pietro Grasso
12 agosto 2019

Resta in campo il ‘lodo Grasso’ in vista del voto del Senato sulla sfiducia al premier Giuseppe Conte. L’idea e’ che al momento del voto escano dall’Aula il Pd, LeU e parte di Fi, lasciando in minoranza la Lega. Sempre che non sia Conte a decidere di dimettersi, prima del voto sulla sfiducia. Sulle strategie d’Aula ci sarebbe stata anche una telefonata, non confermata, tra Pietro Grasso e il segretario Pd Nicola Zingaretti. E i partiti si preparano a una battaglia a colpi di numeri e regolamenti. Circola anche l’ipotesi che domani, martedì, in mattinata l’Aula del Senato venga convocata per un voto sul calendario, dal momento che oggi si preannuncia una spaccatura in conferenza dei capigruppo (convocata alle 16) sulla calendarizzazione dell’informativa del premier Conte e della mozione di sfiducia. Se ci fosse un voto sul calendario, il centrodestra potrebbe far valere i suoi numeri contando sulle assenze degli altri partiti. Ma in quel caso M5S potrebbe tentare con Pd e LeU di far mancare il numero legale. Tutte ipotesi al momento: la riunione dei capigruppo di domani pomeriggio aprira’ il confronto.

Intanto, in attesa della decisione della capigruppo del Senato sulla calendarizzazione della mozione con cui la Lega toglie la fiducia a Conte e al governo (atto che aprira’ formalmente la crisi), si acuisce lo scontro tra favorevoli e contrari al voto immediato. E tutti, dalla Lega ai 5 stelle, da Fratelli d’Italia al Partito democratico, guardano al Colle e sperano. Luigi Di Maio rilancia la raod map proposta dal Movimento 5 stelle: approvare in via definitiva il taglio dei parlamentari prima di votare la sfiducia a Conte. L’ex alleato Salvini punta alle urne subito e bolla come “inciuci” le alternative. Il Partito democratico si spacca: da una parte Matteo Renzi sostiene che andare alle elezioni dopo l’estate sarebbe una follia, dall’altra il segretario del partito Nicola Zingaretti che lo stoppa.

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“Giochetti di palazzo, governi tecnici o ‘di scopo’ non fermeranno la voglia degli Italiani di un governo finalmente forte per tornare a correre, per l’Italia dei si'”, dice Salvini a chi progetta un patto anti-voto. “In democrazia scelgono gli elettori, e non oso immaginare l’accoppiata Renzi-Grillo. Mi vengono i capelli dritti”, rilancia ribadendo che “l’unica soluzione sincera e trasparente” alla crisi “e’ dare la parola agli italiani. Non capisco questo terrore. Siamo in democrazia dovrebbe essere la cosa piu’ bella del mondo”. Anche Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia dice no “a ogni inciucio mascherato da governo istituzionale” e chiede elezioni “senza se e senza ma”. Per Luigi Di Maio, invece, “una crisi di governo ora sarebbe assurda e pericolosa”. Il capo politico del Movimento respinge l’accusa di voler fare un inciucio con l’ala renziana del Pd, si appella al “buon senso” e chiede alle altre forze politiche di completare la riforma costituzionale sul taglio del numero degli eletti.

“Ci aspettiamo che nessun partito trovi scuse. Ci vogliono solo due ore ed e’ fatta. Solo due ore”. Solo dopo si potra’ votare la mozione della Lega contro Conte, aggiunge assicurando che il Movimento 5 Stelle sara’ fianco del premier “fino al fine”. Nel Partito democratico e’ Matteo Renzi a scaldare il dibattito, non solo tra i dem. L’ex presidente del consiglio lancia un appello a tutti i partiti (M5s compreso) per un governo istituzionale. “Sono convinto – afferma – che ci sia una maggioranza” in Parlamento per sostenere un esecutivo che prima delle elezioni sia in grado di “rimettere a posto i conti” e di varare la riduzione del numero dei parlamentari. Una richiesta che viene stroncata da Zingaretti. Un governo di questo tipo, replica, “darebbe a Salvini uno spazio immenso di iniziativa politica tra i cittadini. Daremmo a lui la rappresentanza del diritto dei cittadini di votare e decidere. Davvero allora i rischi plebiscitari sarebbero molto seri”. Sul punto interviene anche il presidente del partito, Paolo Gentiloni: “Ci aspettano prove difficili. Quando il gioco si fa duro i duri smettono di litigare”.

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