Decreto intercettazioni in Cdm, stop a quelle irrilevanti. Fino a 4 anni di carcere

Decreto intercettazioni in Cdm, stop a quelle irrilevanti. Fino a 4 anni di carcere
29 ottobre 2017

Mai piu’ trascrizioni di intercettazioni irrilevanti per le indagini; regole per l’utilizzo dei virus-spia come il Trojan; solo “brani essenziali” e quando “e’ necessario” nelle ordinanze di custodia cautelare; un nuovo reato nel codice penale: la “diffusione di riprese e registrazioni di comunicazioni fraudolente”. Sono queste le principali novita’ della riforma sulle intercettazioni, prevista da una delega contenuta nel ddl Orlando sul processo penale, approvato dal Parlamento la scorsa estate. Il decreto e’ atteso la prossima settimana in Consiglio dei ministri – la delega va esercitata entro venerdi’ 3 novembre – per avere il primo via libera, passare poi al vaglio delle Commissioni parlamentari competenti e tornare infine a Palazzo Chigi per l’ok definitivo. Si arrivera’ cosi’ a una nuova disciplina su un tema tanto dibattuto, in passato terreno di acceso scontro non solo politico, ma riguardante anche magistrati e giornalisti, impegnati a contrastare i rischi di limitazione dello strumento di indagine o di ‘bavaglio’ alla stampa: negli ultimi 10 anni, diversi – e piu’ o meno stringenti – sono stati i tentativi di riforma sulla materia, ma nessuno e’ giunto al traguardo. La bozza di testo trasmessa da via Arenula al Cdm – elaborata dopo un’interlocuzione che il Guardasigilli Andrea Orlando ha avuto con toghe, penalisti, giuristi, Garante della privacy e rappresentanti della stampa (la Fnsi non partecipo’ all’incontro di settembre, ma invio’ un parere al ministro) – contiene in tutto 10 articoli: il primo prevede la reclusione fino a 4 anni per “chiunque, al fine di recare danno all’altrui reputazione o immagine, diffonde con qualsiasi mezzo riprese audio o video, compiute fraudolentemente, di incontri privati o registrazioni, pur esse fraudolente, di conversazioni, anche telefoniche o telematiche, svolte riservatamente in sua presenza o alle quali comunque partecipa”.

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Il secondo articolo, invece, introduce il divieto di trascrizione “anche sommaria” delle “comunicazioni o conversazioni irrilevanti ai fini delle indagini, sia per l’oggetto che per i soggetti coinvolti”. Nel verbale delle operazioni va indicato solo data, ora e dispositivo su cui la registrazione e’ intervenuta. A conservare verbali e registrazioni sara’ il pubblico ministero in un archivio e sara’ sempre il pm entro 5 giorni dalla conclusione delle operazioni – prevede la bozza di decreto – a occuparsi del deposito di tutti gli atti, formando un elenco delle conversazioni rilevanti ai fini di prova, che potranno subito essere esaminati – senza estrarne copia – dai difensori delle parti. Nel caso in cui vi sia un rischio di “grave pregiudizio per le indagini”, il giudice puo’ autorizzare il pm a ritardare il deposito, ma non oltre la chiusura dell’inchiesta. Quanto alla cosiddetta ‘udienza-stralcio’, sara’ il giudice, in camera di consiglio senza l’intervento del pm e dei difensori, a decidere sull’acquisizione delle intercettazioni indicate dalle parti, e potra’ ordinare anche lo stralcio delle registrazioni e dei verbali di cui e’ vietata l’utilizzazione. Quando sara’ invece “necessario”, la decisione del giudice verra’ presa dopo un’udienza a cui pm e avvocati dovranno partecipare. Per tutelare la riservatezza, pm e giudici, nelle richieste e nelle ordinanze di misure cautelari, riporteranno “ove necessario” solo i “brani essenziali” delle intercettazioni: una regola, questa, a cui devono ispirarsi anche le “informative di polizia giudiziaria”. I verbali e le registrazioni delle intercettazioni acquisite nel fascicolo di notizie di reato non sono coperti da segreto: il resto – le registrazioni non acquisite – sara’ conservato nell’archivio del pm e sara’ possibile chiederne la distruzione.

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