Fuga ambasciatore Nordcorea a Roma: molte domande, poche risposte

Fuga ambasciatore Nordcorea a Roma: molte domande, poche risposte
Jo Song-gil
3 gennaio 2019

E’ giallo sulla scomparsa di Jo Song-Gil. Il diplomatico nordcoreano presso l’ambasciata in Italia da maggio 2015 e con funzioni di incaricato d’affari dal 9 ottobre 2017 al 20 novembre 2018, e’ “sparito” con la moglie da inizio novembre, a pochi giorni dalla scadenza del mandato. Lo ha detto l’intelligence di Seul in una audizione parlamentare, ha riferito alla Yonhap il deputato Kim Min-ki. Il JoongAng Ilbo ha scritto che Jo e’ sotto protezione del governo italiano da inizio dicembre in vista della richiesta di asilo politico “in un imprecisato Paese occidentale”.

E’ stata anche una velina dei servizi d’intelligence sudcoreani (NIS), attraverso un articolo del giornale JoongAng Ilbo, a far uscire oggi la storia di Jo Song Gil l’ambasciatore nordcoreano facente funzioni a Roma, che avrebbe chiesto protezione in Italia e asilo forse in un paese terzo. Come tale, la storia va presa con le molle anche perché le autorità di Seoul e quelle italiane si tengono abbottonate. La presidenza sudcoreana ha affermato di “non saperne nulla” e di non avere informazioni sulla possibilità che il diplomatico possa andare a Seoul. Per quanto riguarda l’Italia, fonti della Farnesina hanno fatto sapere che non risulta alcuna richiesta di asilo in Italia.

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La questione si situa in un momento assai delicato per il contesto internazionale attorno alla Corea del Nord. Dopo l’avvio di un processo di distensione, che è culminato nello storico summit di giugno 2018 tra il presidente Usa Donald Trump e il leader nordcoreano Kim Jong Un, c’è stato un periodo di stasi. Ma ora gli occhi sono puntati sulla possibilità di un prossimo vertice che potrebbe rilanciare questo processo e, in particolare, il presidente sudcoreano Moon Jae-in spinge molto perché vi sia un esito positivo del dialogo Washington-Pyongyang. Dopo che il JoongAng Ilbo ha riportato le informazioni del NIS, c’è stata una riunione a porte chiuse di cui ha dato notizia un parlamentare del partito del presidente, Kim Min-ki. “Il NIS non ha tentato di contattare Jo e non ha ricevuto alcun contatto da lui negli ultimi due mesi”, ha tenuto a precisare il servizio d’intelligence sudcoreano.

Per la stampa sudcoreana la questione è andata così. Jo è un 48enne presumibilmente appartenente alla fascia alta della nomenklatura nordcoreana come dimostrerebbe il fatto che gli è stato consentito di vivere a Roma con la sua famiglia. Il diplomatico, che sarebbe a Roma da maggio 2015, avrebbe assunto le funzioni di ambasciatore (ma non la carica formale) sostituendo Mun Jong Nam, espulso dopo il sesto test nucleare nordcoreano a settembre 2017. Quindi, considerato il fatto che il mandato dei diplomatici nordcoreani dura due o tre anni, a novembre 2018 potrebbe deciso di non rientrare in Corea del Nord. Le fonti della Farnesina, dal canto loro, hanno specificato che, per via diplomatica, era stato a suo tempo comunicato l’avvicendamento dell’incaricato di affari nordcoreano a Roma e che tale avvicendamento aveva poi avuto luogo. Non è chiaro a quale paese Jo abbia richiesto asilo, né naturalmente dove si trovi.

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La stampa sudcoreana ha sostenuto che sarebbe sotto la protezione delle autorità italiane, le quali starebbero valutare cosa farne e vorrebbe andar in “paese occidentale”. Non si sa neanche Jo quante persone abbia portato con sé: la moglie? uno o più figli? La vicenda del diplomatico nordcoreano a Roma richiama quella di Thae Yong Ho, l’ex viceambasciatore nordcoreano in Gran Bretagna. Questi fece perdere le sue tracce nel 2016 con la famiglia, per poi riemergere in Corea del Sud. Erano, tuttavia, tempi diversi: in Corea del Sud la presidenza di allora era fortemente ostile al Nord, il processo di distensione era lungi dal cominciare e, anzi, il livello del conflitto verbale era alto. L’Italia ha stabilito le relazioni diplomatiche con la Corea del Nord a gennaio del 2000, primo dei paesi del G7 a prendere una tale iniziativa fortemente voluta, all’epoca, dal ministro degli Esteri Lamberto Dini. Si era alla fine del secondo mandato presidenziale di Bill Clinton negli Stati uniti e l’inquilino della Casa bianca aveva tentato di fare la pace con la Corea del Nord dell’allora leader Kim Jong Il.

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