Il blitz delle forze dell’ordine segna una prima svolta nelle indagini sul colpo messo a segno una settimana fa da una banda di quattro persone che, servendosi di un montacarichi, è riuscita a sottrarre nove preziosi gioielli dal celebre museo parigino. I due fermati, secondo quanto riportato da Le Parisien, avrebbero fatto parte del commando che ha realizzato il furto.

L’arresto in aeroporto del primo sospetto ha impedito la sua fuga all’estero. Questa mattina l’uomo si trova nei locali della brigata anticrimine, sottoposto a serrato interrogatorio. Gli inquirenti stanno cercando di stabilire il suo ruolo preciso nell’operazione: se facesse parte del quartetto che ha materialmente portato a termine il furto oppure se si tratti di un complice con funzioni diverse. Il secondo arrestato è stato bloccato successivamente.

Il fermo dei due sospetti può protrarsi fino a 96 ore, termine massimo previsto dalla legge francese per questa fase investigativa. Nel frattempo proseguono a ritmo serrato le ricerche per identificare gli altri membri della banda e, soprattutto, l’organizzazione criminale che ha orchestrato un colpo diventato notizia in tutto il mondo per l’audacia e la spettacolarità dell’esecuzione.

La pista del complice interno

Fra le ipotesi al vaglio degli investigatori emerge quella di una possibile talpa all’interno del Louvre. La pista di un membro della squadra di sicurezza del museo che avrebbe collaborato con i ladri è stata avanzata dal quotidiano britannico The Telegraph, citando “fonti vicine all’inchiesta”. L’eventuale complicità interna spiegherebbe la precisione con cui i malviventi hanno agito e la conoscenza dettagliata dei sistemi di sicurezza.

Il lavoro della polizia scientifica si è rivelato determinante per arrivare ai primi fermi. Secondo una fonte degli inquirenti intervistata da Bfm Tv, sul luogo del furto sono stati effettuati circa 150 prelievi di Dna, immediatamente inviati in laboratorio per le analisi. Un lavoro certosino che ha permesso di dare un nome ai proprietari delle tracce biologiche lasciate sulla scena del crimine.

I ladri, nella precipitosa fuga dal museo, avevano abbandonato diversi oggetti: un casco da moto, un gilet giallo, una fiamma ossidrica e una sega circolare. Alcuni di questi erano già stati cosparsi di benzina, probabilmente nel tentativo di eliminarli dandogli fuoco, ma i malviventi non hanno fatto in tempo a completare l’opera di cancellazione delle prove. Un errore che si è rivelato fatale per le loro speranze di restare nell’ombra.

Lo scontro tra procura e stampa

La notizia degli arresti ha scatenato la reazione durissima della procuratrice di Parigi, Laure Beccuau, che in un comunicato ufficiale ha condannato “decisamente la divulgazione affrettata di questo elemento da parte di persone informate, senza alcun riguardo per l’inchiesta”. La magistrata non ha nascosto la propria irritazione per le fughe di notizie che rischiano di compromettere il lavoro investigativo.

“Questa rivelazione può soltanto nuocere agli sforzi investigativi di un centinaio di inquirenti mobilitati sia nella ricerca dei gioielli rubati, sia dei malfattori”, ha scritto Beccuau nel suo comunicato. La procuratrice ha sottolineato che è “troppo presto per fornire qualsiasi tipo di particolare” e ha annunciato che comunicherà “elementi complementari solo al termine di questa fase di fermo” dei due sospetti. Un richiamo al rispetto del segreto istruttorio che suona come un monito ai media e alle loro fonti negli ambienti investigativi.

Di tutt’altro tenore il commento del ministro dell’Interno Laurent Nuñez, che su X ha espresso soddisfazione per i risultati ottenuti. “Invio le mie più vive congratulazioni agli inquirenti che hanno lavorato senza sosta, come avevo loro chiesto, e che hanno sempre avuto la mia completa fiducia”, ha scritto il ministro. Nuñez ha però anche richiamato la necessità che “le indagini devono proseguire nel rispetto del segreto istruttorio sotto l’autorità della giurisdizione della procura di Parigi”, concludendo con un rilancio: “Avanti con la stessa determinazione, continuiamo!”.