Gaza, l’Italia recupera 26 attivisti dalla Flotilla: altri 15 in attesa di espulsione

Un volo charter organizzato dalla Farnesina porterà a Istanbul i primi cittadini fermati dopo l’intercettazione della nave. Il governo chiede condizioni dignitose per chi resta in detenzione.

Ventisei cittadini italiani fermati a bordo della Flotilla diretta a Gaza lasceranno Israele a bordo di un volo charter organizzato dal governo italiano, mentre altri 15 rimangono in stato di detenzione in attesa di espulsione giudiziaria, dopo l’intercettazione della nave che aveva violato il blocco navale israeliano.

Il ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Antonio Tajani, ha confermato che i primi 26 connazionali sono già stati trasferiti in una base aerea da cui partiranno alla volta di Istanbul. Si tratta del primo gruppo di italiani coinvolti nell’operazione di interdizione da parte delle autorità israeliane, avvenuta nei giorni scorsi al largo delle coste di Gaza. Il volo charter, organizzato in tempi rapidi dalla Farnesina in coordinamento con le autorità locali, rappresenta un passo concreto verso la risoluzione della crisi diplomatica innescata dalla missione umanitaria non autorizzata.

Intanto, altri 15 cittadini italiani non hanno firmato il cosiddetto “foglio di via”, documento che avrebbe consentito loro un rimpatrio accelerato. Di conseguenza, dovranno attendere l’esito di una procedura giudiziaria per l’espulsione, un iter che potrebbe richiedere settimane. Il ministero degli Esteri ha ribadito di aver impartito all’ambasciata d’Italia a Tel Aviv precise istruzioni per sollecitare condizioni di detenzione più dignitose per questi ultimi, in linea con gli standard internazionali sui diritti umani.

La vicenda si inserisce in un contesto di crescente tensione tra attivisti internazionali e autorità israeliane, soprattutto in relazione al blocco navale imposto sulla Striscia di Gaza. La Flotilla, composta da diverse navi cariche di aiuti umanitari, era partita con l’intento dichiarato di sfidare l’embargo israeliano, considerato da molte organizzazioni non governative una violazione del diritto internazionale.

Rientrati i parlamentari, tensioni a livello politico

Nelle stesse ore in cui veniva organizzato il rimpatrio dei civili, faceva ritorno in Italia anche il gruppo dei quattro parlamentari che avevano preso parte alla missione. Il loro arrivo ha acceso un dibattito politico in patria, con posizioni divergenti tra chi definisce l’iniziativa un atto di solidarietà e chi la bolla come una provocazione inaccettabile in un contesto già altamente instabile. I deputati, appartenenti a diversi schieramenti politici, hanno difeso la loro scelta come un gesto di impegno per i diritti umani e la libertà di movimento.

Parallelamente, in Israele, le immagini diffuse dai media locali hanno mostrato il ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben Gvir — esponente di spicco dell’estrema destra — mentre sfilava davanti agli attivisti fermati, inginocchiati e ammanettati. Il ministro li ha definiti pubblicamente “terroristi”, suscitando indignazione tra le organizzazioni per i diritti umani e complicando ulteriormente il clima diplomatico. La Farnesina non ha commentato direttamente le dichiarazioni di Ben Gvir, ma ha ribadito la necessità di trattare tutti i cittadini stranieri con rispetto e nel rispetto delle norme internazionali.

La gestione della crisi da parte del governo italiano è stata improntata a un duplice approccio: da un lato, garantire il rientro rapido e sicuro dei connazionali; dall’altro, tutelare i diritti di coloro che, per scelta o per necessità giuridica, restano in stato di fermo. Fonti diplomatiche riferiscono che l’ambasciata italiana sta monitorando costantemente la situazione e ha già avviato colloqui con le autorità israeliane per accelerare le procedure legali.

L’Italia chiede trasparenza e rispetto dei diritti

Nonostante la complessità del quadro geopolitico, l’Italia ha evitato toni di condanna esplicita nei confronti di Israele, preferendo una linea pragmatica e orientata alla soluzione concreta dei casi individuali. Tuttavia, il caso della Flotilla ha riportato al centro del dibattito europeo la questione del blocco di Gaza, oggetto di critiche crescenti da parte di ONG, istituzioni internazionali e alcuni governi. L’Unione Europea, pur riconoscendo il diritto di Israele alla sicurezza, ha più volte sollecitato misure proporzionate e rispettose del diritto umanitario.

Per i 15 italiani ancora trattenuti, il futuro resta incerto. Senza la firma del foglio di via, il loro destino dipende ora dai tempi della giustizia israeliana, un sistema noto per la lentezza delle procedure amministrative in casi simili. Nel frattempo, le famiglie in Italia attendono notizie e chiedono chiarezza. Il ministero ha assicurato che ogni cittadino coinvolto riceverà assistenza consolare continua, compreso l’accesso a legali e traduttori.

Mentre il charter con i primi 26 italiani si prepara a decollare da Tel Aviv, la vicenda della Flotilla continua a sollevare interrogativi sul ruolo delle missioni umanitarie in zone di conflitto, sui limiti della sovranità statale e sulla responsabilità collettiva nella protezione dei civili. Quel che è certo è che, al di là delle posizioni politiche, la priorità del governo italiano rimane il rientro in sicurezza di tutti i suoi cittadini.