Bergoglio-Putin-Erdogan, asse anti-Trump

Bergoglio-Putin-Erdogan, asse anti-Trump
Il presidente palestinese Abu Mazen e Papa Francesco
7 dicembre 2017

Papa Francesco, Recep Tayyp Erdogan, Vladimir Putin. Passa da loro tre la reazione diplomatica piu’ forte al riconoscimento americano di Gerusalemme come capitale di Israele e che in qualche modo tenta di tenere la violenza, esplosa nei Territori, sotto controllo in una giornata che si e’ chiusa con il bombardamento israeliano su due postazioni di Hamas come reazione al lancio di un razzo. Hamas, infatti, ha chiamato alle armi e invocato la terza Intifada contro Israele, mentre i primi scontri a Gaza e in Cisgiordania hanno fatto almeno 104 feriti. La Mezzaluna Rossa palestinese ha riferito che gli scontri piu’ violenti sono stati alle porte di Nablus, Ramallah, Betlemme, Hebron, Tulkarem, Qalqilya e Beit Jala e anche Gerico. Nel clima di rabbia, oltre a lanciare pietre contro i soldati, i manifestanti hanno anche appiccato il fuoco ai pneumatici. La decisione dell’amministrazione americana ha suscitato una condanna pressocche’ unanime della comunita’ internazionale. Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, si dice certo che “molti” Paesi (senza pero’ farne i nomi) seguiranno gli Stati Uniti e che sono gia’ in corso contatti in tal senso (il filippino Duterte imitera’ l’amico Trump); intanto pero’ ha cancellato la sua presenza a una cerimonia e convocato invece una riunione urgente del gabinetto di governo.

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Il presidente palestinese Abu Mazen e’ volato stamani dal re giordano Abdallah II. Rispondendo all’appello dell’Autorita’ Palestinese che ha chiesto una giornata di proteste, migliaia di palestinesi sono scesi in strada a Gerusalemme, nelle principali citta’ della Cisgiordania e al confine con Gaza. Ci sono state proteste nella Citta’ Vecchia, in particolare alla Porta di Damasco, uno dei principali punti di accesso. A Gerusalemme Est negozi e scuole sono rimasti chiusi, in risposta all’appello della leadership palestinese allo sciopero generale. Ma e’ solo l’inizio. “Domani venerdi’ 8 dicembre sara’ il giorno dell’ira e l’inizio di una nuova intifada chiamata ‘la liberazione di Gerusalemme'”, ha detto il capo di Hamas, Ismail Haniyeh. Di fronte alle minacce di Hamas, l’esercito israeliano, che nei giorni scorsi ha compiuto non lontano dal Libano le esercitazioni militari piu’ importanti in 25 anni, ha fatto sapere di aver inviato “piu’ truppe” in Cisgiordania e di messo in allerta diverse unita’ di riserva. La riunione del Consiglio di Sicurezza al Palazzo di Vetro che si terra’ domani e’ stata chiesta da 8 nazioni, compresa l’Italia. La condanna internazionale e’ stata pressocche’ unanime.

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La Russia anche oggi si e’ detta “molto preoccupata”, e’ il capo del Cremlino ha defnito un “errore” la decisione americana parlandone al telefono con Erdogan. Quest’ultimo jha poi chiamato papa Francesco, che ieri aveva indicato quanto sia importante lo “status quo” della Citta’ santa. Anche l’Arabia Saudita, alleato di ferro di Washington, e che alcuni abnalisti indicano come cruciale in un ‘assearabo’ dietro la scelta di Trump, ha bollato come “ingiustificata e irresponsabile” la mossa del presidente americano. Per l’Unione Europea, Gerusalemme deve essere la capitale “sia dello Stato di Israele sia dello Stato palestinese”, ha detto l’Alto rappresentante per la politica estera, Federica Mogherini. Il ministero degli Esteri dell’Iraq, che ha gia’ conosciuto il grave errore di una guerra che scateno’ la rabbia musulmana, ha convocato l’ambasciatore Usa per una nota di protesta. Il grande ayatollah Ali al-Sistani, massima autorita’ sciita nel paese, ha “condannato e deplorato” la decisione di Trump, che -ha detto- “ferisce i sentimenti di centinaia di milioni di arabi e musulmani”. L’Isis e’ tornato a far sentire la propria voce con un video in cui invita tutti i musulmani a “riportare il terrore su Israele attraverso esplosioni, incendi e accoltellamenti” e a “uccidere gli ebrei in ogni modo possibile”.

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