Nomine e inchieste scuotono i Cinquestelle. Gli eletti a Di Maio: riferisca anche a noi

Nomine e inchieste scuotono i Cinquestelle. Gli eletti a Di Maio: riferisca anche a noi
Luigi Di Maio
18 giugno 2018

Non sembrano affatto cessare i malumori fra gli eletti 5 stelle: le nomine di sotto governo e l’inchiesta sullo stadio di Roma restano ancora sul ‘banco degli imputati’. Nessuna assemblea congiunta al momento sembra essere all’orizzonte, ne’ e’ stata chiesta (‘oggi siamo ancora in giro per i territori’, viene spiegato) ma gia’ c’e’ chi osserva, sulla vicenda Lanzalone, ‘Di Maio dovrebbe venirci a raccontare qualcosa anche a noi’. Nelle ore immediatamente successive alle rivelazioni giornalistiche sul caso, ‘la comunicazione ci aveva confortato dicendo che erano tutte bolle di sapone, mentre l’inchiesta sembrerebbe dimostrare altro’, si osserva.

Quanto alle nomine dei sottosegretari, ‘sono stati indicati gli amici degli amici’ mandando in fumo due capisaldi di M5s: la democrazia interna e la meritocrazia, si lamenta qualcuno. I territori si sono ribellati, notano, alla luce di alcune chat interne. Era scontato che le indicazioni sarebbero venute dall’alto, ma molti di noi non conoscono le competenze. Non solo, intere regioni – e’ l’osservazione che viene da alcuni eletti del Sud – non hanno avuto alcun riconoscimento territoriale, ‘pensate alla Calabria, alla Basilicata ma anche alla Sardegna’ dove i voti ottenuti da M5s superano la media. La rappresentanza politica non e’ stata rafforzata dalla rappresentanza istituzionale, si osserva. E c’e’ chi racconta quanto gli e’ stato riportato, ad esempio, proprio sulla Calabria, dove ora l’attenzione e’ alta, sulla sostituzione del commissario per il piano di rientro, tanto che al ministro della Salute Giulia Grillo e’ stato inviato un documento, cosi’ come al vicepremier e ministro dello Sviluppo Luigi Di Maio, e’ stato chiesto di ricevere al piu’ presto gli imprenditori guidati da Nino De Masi, alfiere delle battaglie contro le banche.

Ma e’ lo stesso capo politico a parlare dalle colonne dell’Huffington post per fornire la propria versione sull’inchiesta romana: sul caso di Lanzalone, dice, “il primo scontento sono io. Nelle intercettazioni ho letto che c’erano molte persone che andavano in giro a parlare a nome mio, altri che si autodefinivano ‘il mio braccio destro’. Una roba alla ‘Mi manda Picone’, per citare il famoso film di Nanni Loy. Ma sono anche consapevole che abbiamo tutte le risorse per superare questa situazione. E soprattutto rimandiamo al mittente tutte le critiche di un’opposizione, che e’ coinvolta in prima persona nell’inchiesta”.

“Non rinnego che Lanzalone sia una persona che ci ha dato una mano su dossier importanti. Ma quando si sfocia in un meccanismo per il quale le persone si accreditano usando il mio nome, ecco questo mi preoccupa, perche’ potrebbe valere per chiunque. In un ambiente tra l’altro a me estraneo. Io non ho mai conosciuto Parnasi, non ho mai avuto niente a che farci, mentre da quel che leggo diceva di star facendo il governo per me”, fra l’altro aggiunge. E sulla nomina dell’avvocato alla presidenza di Acea, spiega: “quello che e’ stato premiato e’ stato il merito. Una persona che gestisce il concordato in continuita’ di una partecipata a Livorno che stava morendo in maniera brillante, e che a Roma viene individuata come riferimento dalla sindaca, va premiata, ma perche’ e’ il merito ad esserlo. Non c’e’ nessun premio politico”.

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