Leone XIV
Papa Leone XIV è tornato questa mattina nella Basilica di San Pietro per celebrare la messa del giorno di Natale, poche ore dopo quella della notte. Un evento che non si verificava dal 1994: per la prima volta in trent’anni un pontefice celebra entrambi i riti natalizi nella basilica vaticana. Al centro delle omelie, un richiamo severo alla dignità umana e una critica aperta ai modelli economici capitalisti.
“Mentre un’economia distorta induce a trattare gli uomini come merce, Dio si fa simile a noi, rivelando l’infinita dignità di ogni persona”. Le parole del Pontefice risuonano nette nella basilica gremita. Leone XIV non usa giri di parole. Riprende Benedetto XVI: “Non c’è spazio per Dio se non c’è spazio per l’uomo”. L’esortazione è diretta alle comunità cristiane: non chiudere le porte a bambini, poveri e stranieri. “Laddove c’è posto per l’uomo, c’è posto per Dio”, aggiunge, definendo la stalla di Betlemme più sacra di un tempio.
Nel messaggio Urbi et Orbi, pronunciato dal Loggione centrale davanti a circa ventiseimila persone in piazza San Pietro, il Papa affida “al Principe della Pace tutto il continente europeo”, chiedendo che continui a ispirarvi “uno spirito comunitario e collaborativo, fedele alle sue radici cristiane e alla sua storia, solidale e accogliente con chi si trova nel bisogno”.
Poi l’appello più accorato: “Preghiamo in modo particolare per il martoriato popolo ucraino. Si arresti il fragore delle armi e le parti coinvolte, sostenute dall’impegno della comunità internazionale, trovino il coraggio di dialogare in modo sincero, diretto e rispettoso”. Il pontefice definisce quello ucraino un “popolo martoriato”, riprendendo un’espressione già usata dal predecessore Francesco.
“Chi non ama non si salva, è perduto”, afferma Leone XIV nel messaggio natalizio. La via della pace passa attraverso la responsabilità individuale e collettiva. “Se ognuno di noi a tutti i livelli, invece di accusare gli altri, riconoscesse prima di tutto le proprie mancanze e ne chiedesse perdono a Dio, e nello stesso tempo si mettesse nei panni di chi soffre, si facesse solidale con chi è più debole e oppresso, allora il mondo cambierebbe”.
Il ragionamento del Papa prosegue con un appello universale: “Possiamo e dobbiamo fare ognuno la propria parte per respingere l’odio, la violenza, la contrapposizione e praticare il dialogo, la pace, la riconciliazione”. Il Papa rivolge gli auguri in dieci lingue: italiano, latino, inglese, francese, spagnolo, tedesco, portoghese, polacco, cinese e arabo. Una tradizione interrotta dopo Giovanni Paolo II e ora ripristinata da Leone XIV. Dopo la benedizione Urbi et Orbi, la sala stampa della Santa Sede comunica la presenza di circa ventiseimila fedeli in piazza.
Durante l’omelia mattutina della messa di Natale, Leone aveva fatto riferimento “alle tende di Gaza, da settimane esposte alle piogge, al vento e al freddo, e a quelle di tanti altri profughi e rifugiati in ogni continente, o ai ripari di fortuna di migliaia di persone senza dimora, dentro le nostre città”. Parole crude sulla fragilità: “Fragile è la carne delle popolazioni inermi, provate dalle guerre in corso o concluse lasciando macerie e ferite aperte. Fragili sono le vite dei giovani costretti alle armi, che proprio al fronte avvertono l’insensatezza di ciò che è loro richiesto e la menzogna dei roboanti discorsi di chi li manda a morire”.
Nel messaggio Urbi et Orbi il pontefice si è soffermato sulla situazione in Medio Oriente, ricordando il suo recente viaggio apostolico in quell’area, il primo del pontificato. Ai cristiani che vivono quei territori ha inviato un saluto particolare: “Ho ascoltato le loro paure e conosco bene il loro sentimento di impotenza dinanzi a dinamiche di potere che li sorpassano”. Papa Leone ha invocato “giustizia, pace e stabilità per il Libano, la Palestina, Israele, la Siria”, citando le Scritture: “Praticare la giustizia darà pace. Onorare la giustizia darà tranquillità e sicurezza per sempre”.
Lo sguardo del Papa si allarga ai conflitti dimenticati: Haiti, Sudan, Sud Sudan, Mali, Burkina Faso, Repubblica Democratica del Congo. “Dal Bambino di Betlemme imploriamo pace e consolazione per le vittime di tutte le guerre in atto nel mondo, specialmente di quelle dimenticate; e per quanti soffrono a causa dell’ingiustizia, dell’instabilità politica, della persecuzione religiosa e del terrorismo”. Un appello che non dimentica nessuno, che non lascia indietro le sofferenze meno visibili agli occhi del mondo.