Spaccati sulla Belloni: dietro l’ipotesi donna c’è l’intesa Salvini-Conte

Spaccati sulla Belloni: dietro l’ipotesi donna c’è l’intesa Salvini-Conte
Matteo Salvini e Giuseppe Conte (primo piano)
28 gennaio 2022

“Al momento la Belloni è la candidata di Fdi, Lega e M5s”. Un parlamentare di Leu riassume così la situazione a fine giornata. Di sicuro, il leader della Lega e il presidente M5s ci riprovano, dopo aver tentato il blitz nei giorni scorsi prima su Franco Frattini e poi su Elisabetta Casellati, stoppati innanzitutto dalla “strana coppia” formata da Enrico Letta e Matteo Renzi. Adesso il nome è più forte, si parla di Elisabetta Belloni, capo del Dis, molto apprezzata da Mario Draghi, subito sostenuta anche da Fdi, oltre che appunto da Lega e 5 stelle, una parte almeno. Secco, invece, il no di Iv, Fi e Leu e molto fredda è apparsa la posizione del Pd. 

La Belloni è sicuramente un nome importante, non targato politicamente, molto considerato anche dentro il Pd e dagli stessi Letta e Renzi. Il leader Iv, però, lo ha già stoppato in maniera brusca: “E’ una straordinaria professionista, io la volevo ministro degli Esteri. La stimo molto, è una mia amica, è stata capo di gabinetto di Gentiloni e segretario generale della Farnesina, ma oggi è il capo dei servizi segreti in carica. Indipendentemente dal nome, in una democrazia del 2022 il capo dei servii segreti non diventa presidente della Repubblica, se non lasciando tutti gli incarichi e candidandosi di fronte ai cittadini”. Uno stop arriva anche da Fi: “Non possono coesistere un tecnico nel ruolo di Presidente del consiglio e un tecnico nel ruolo di Presidente della Repubblica”.

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Letta è molto più cauto, non dice no, dal Pd arriva una nota che definisce “autorevoli” le “candidature femminili” che circolano. Perché per i democratici oltre alla Belloni c’è anche Marta Cartabia, per esempio. Ma, soprattutto, il leader Pd ripete che è “fondamentale l’unità della maggioranza”. Unità che, appunto, al momento sulla Belloni non c’è, visto che Iv e Fi dicono no e anche Leu non sarebbe entusiasta. Non è un no, ma un forte invito a non “bruciare” altri nomi. E il richiamo all’unità della maggioranza lascia intendere che per il Pd non è il caso di precipitare le cose. Raccontano, in realtà, che sul nome del direttore del Dis si è subito costituito un fronte del no anche dentro al Pd: “I tre ministri”, riassume un parlamentare democratico. In pratica, Andrea Orlando, Lorenzo Guerini e Dario Franceschini avrebbero sollevato molte perplessità, non legate all’autorevolezza del profilo, ovviamente, ma tutte sull’opportunità di eleggere al Quirinale l’attuale responsabile dei servizi segreti. Senza contare i dubbi su uno schema fatto tutto di “tecnici”, Draghi a palazzo Chigi e Belloni al Quirinale. Fatto sta che il Pd ha frenato.

Letta e Renzi, però, continuano ad avere idee diverse sulla soluzione ideale. Se il Pd invita “tutti” a “prendere atto della spinta che da due giorni e in modo trasversale in Parlamento viene a favore della riconferma del presidente Mattarella”, Iv finora ha detto no al bis e continua a lavorare per Pierferdinando Casini. E’ un dato di fatto, però, che sempre più spesso la “strana coppia” si trova a dover agire di sponda per frenare le iniziative di Conte e Salvini, il primo alleato del Pd e il secondo per mesi descritto come interlocutore privilegiato di Renzi. Due soluzioni entrambe indigeribili per la Lega: il bis di Mattarella, nella lettura dei leghisti, “darebbe ancora tempo a Meloni per logorarci”, mentre il nome di Casini “non è tollerabile dai nostri gruppi parlamentari”. Ecco che i leghisti sperano ancora in “un nome terzo”, perché – dice un leghista al centro degli incontri di questi giorni – “l’opzione Draghi ci andrebbe anche bene ma il governo cadrebbe a giugno: i Cinque Stelle non reggerebbero”.

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