Ricerca, esercizio cruciale nel plasmare funzioni musicali cervello

I musicisti avevano il compito – solo apparentemente semplice – di indicare la congruenza tra il gesto e il suono sulla base della vista.
I dati mostrano che la quantità di tempo che un individuo impegna nell’esercizio è direttamente correlata alla qualità della prestazione di quell’individuo, che mostra un sensibile beneficio nell’esercitarsi continuamente, indipendentemente dalle qualità innate di ciascuno. “È come se gli allievi più avanzati avessero interiorizzato così solidamente il collegamento tra suono, gesto e immagine da percepire in maniera automatica un’eventuale incongruenza, con una percentuale di errore che diminuisce in modo lineare all’aumentare degli anni di pratica. Questo accade grazie alla capacità dei neuroni multimodali di creare correlazioni audio-visuomotorie che aumentano con gli anni di studio e di pratica, indipendentemente dal talento e dall’età dell’individuo”. I primi effetti della modificazione cerebrale sono osservabili dopo 4-6 anni di studio intensivo e continuano progressivamente dopo il diploma e il master: veder suonare attiva anche il saper suonare ed evoca il suono associato al gesto. Fino a tre anni di studio la percentuale di errore di un musicista è vicina al 50%, mentre solo dopo aver conseguito il diploma (e almeno 12.000-18.000 ore di studio), la percentuale scende sotto il 10%, come per i professori.
“Questa ricerca – sottolinea Alice Mado Proverbio – mette in luce il ruolo cruciale dell’esercizio nel plasmare le funzioni musicali del cervello, indipendentemente dal talento musicale”.
