“Tu non lavorare, penso a tutto io”: ufficiale, è REATO costringere tua moglie a non lavorare I Lo dice la Legge: abuso domestico, ti portano in Questura
Casalinga (pexels) - IlFogliettone.it
Il reato di maltrattamenti in famiglia: non solo violenza fisica esiste anche violenza economica come forma di controllo
Quando si parla di maltrattamenti in famiglia, l’immaginario collettivo tende ad associare automaticamente questa fattispecie penale alla violenza fisica. Tuttavia, la realtà giuridica e sociale ha da tempo ampliato i confini di questo reato, riconoscendo che esistono forme di abuso altrettanto gravi, seppur meno visibili. La recente sentenza n. 12444 del 31 marzo 2025 della Corte di Cassazione ha rappresentato un ulteriore passo avanti in questa direzione, sancendo che il controllo economico da parte del partner può integrare il reato di maltrattamenti anche in assenza di percosse o segni fisici evidenti.
Il reato di maltrattamenti in famiglia è disciplinato dall’articolo 572 del Codice Penale, che punisce chiunque maltratti un familiare, un convivente o una persona affidata per ragioni di educazione o cura. Affinché il reato si configuri, è necessario che i comportamenti siano abituali, ovvero non episodici e isolati, salvo che non siano particolarmente gravi. La giurisprudenza ha chiarito che la condotta deve essere parte di un disegno reiterato, volto a sottomettere la vittima attraverso violenze fisiche, psicologiche, morali o economiche.
Nel tempo, le corti italiane hanno ampliato la portata del concetto di maltrattamento, includendo non solo le percosse e le minacce, ma anche le offese costanti, le denigrazioni, l’isolamento sociale e la violenza economica. Questo perché il danno che tali condotte arrecano alla dignità e alla libertà della vittima può essere altrettanto grave rispetto a quello derivante da aggressioni fisiche. È proprio in questa cornice che si inserisce la sentenza del marzo 2025, che qualifica il controllo economico come forma di sopraffazione punibile penalmente.
La violenza economica si manifesta quando un partner limita l’accesso dell’altro alle risorse finanziarie, lo priva dell’opportunità di lavorare, o lo costringe a dipendere completamente economicamente. Secondo la Cassazione, questi comportamenti, pur non lasciando segni visibili sul corpo, determinano un’umiliazione continua e una perdita di autonomia tali da generare uno stato di soggezione e sofferenza. Si tratta quindi di una forma di controllo psicologico che mina la libertà personale e può configurare un reato a tutti gli effetti.
Il ruolo della sofferenza psicologica
Anche in assenza di lesioni fisiche, il reato può essere configurato qualora le condotte abituali del maltrattante provochino nella vittima uno stato di ansia, paura, sottomissione o umiliazione. È importante sottolineare che la legge non richiede la presenza di traumi fisici per attivare la tutela penale, ma si concentra sulla sofferenza complessiva provocata dalle condotte abusive, che può anche essere solo psicologica o morale.
Un elemento importante nella configurazione del reato è l’abitualità, ma la Cassazione ha più volte chiarito che non è necessario che le condotte si susseguano in modo ininterrotto o quotidiano. Anche se intervallati da momenti di apparente normalità, gli episodi di violenza, verbale o economica, possono comunque costituire un “programma criminoso” coerente, volto a soggiogare la vittima nel tempo. La valutazione deve tenere conto del contesto complessivo della relazione e della sua dinamica.

La reazione della vittima non esclude il reato
Un ulteriore chiarimento fornito dalla giurisprudenza riguarda la posizione della vittima. Il fatto che una persona tolleri la situazione per paura, per vergogna o per ragioni affettive non incide sulla configurabilità del reato, né attenua la responsabilità dell’agente. Anche quando la vittima sembra mantenere un’apparente autonomia, il reato può sussistere se vi è una sistematica azione di abuso che la sottopone a sofferenze rilevanti.
La posizione assunta dalla Corte di Cassazione con la sentenza del 2025 rafforza il messaggio che ogni forma di abuso domestico deve essere riconosciuta e perseguita, anche se priva di manifestazioni fisiche. La tutela penale si estende a tutte le modalità con cui si può esercitare un potere distruttivo sull’altro all’interno di una relazione affettiva, sottolineando che la dignità e l’autonomia personale non devono mai essere sacrificate nel nome del silenzio o della dipendenza.
