L’appartamento, non di proprietà comunale né gestito da Aler, era occupato da Buonomo da diversi mesi senza il pagamento dell’affitto. L’esecuzione dello sfratto era stata disposta dal Tribunale civile di Monza e affidata a un ufficiale giudiziario, che stava per varcare la soglia dell’abitazione quando l’uomo, in preda alla disperazione, ha deciso di porre fine alla propria vita. Sul posto è stato rinvenuto un biglietto in cui Buonomo esprimeva il suo stato d’animo.
Il sindaco di Sesto San Giovanni, Roberto De Stefano, ha confermato che l’uomo non era seguito dai servizi sociali del Comune e che, nonostante la sua evidente vulnerabilità, non aveva i requisiti per accedere al Fondo per la morosità incolpevole. “Il reddito dichiarato risultava troppo elevato per accedere a quella misura di sostegno”, ha spiegato De Stefano, aggiungendo che la vera causa della crisi personale di Buonomo era legata a una grave forma di ludopatia.
Nei giorni scorsi, l’uomo si era recato per la prima volta negli uffici comunali per chiedere informazioni sugli alloggi popolari. Gli era stato illustrato il percorso per accedere al Servizio Abitativo Transitorio, una soluzione temporanea per chi si trova in difficoltà abitative. Tuttavia, non ha mai fatto ritorno per completare la pratica. Secondo il sindaco, “probabilmente temeva che la sua situazione venisse a conoscenza dei familiari”.
Il caso di Letterio Buonomo mette in luce le complessità delle situazioni di disagio che non sempre emergono nei canali istituzionali. Nonostante un reddito formalmente sufficiente, l’uomo era intrappolato in un vortice di dipendenza patologica che lo aveva isolato e impoverito emotivamente e materialmente. La ludopatia, spesso sottovalutata, può infatti erodere risorse economiche e relazioni sociali fino a condurre a esiti estremi.
Il Comune di Sesto San Giovanni ha ribadito di non aver ricevuto segnalazioni precedenti sul suo stato di salute mentale o economica. “Non era noto ai nostri servizi – ha precisato De Stefano – e non risultava in carico a nessun ente di supporto psicosociale”. Ciò solleva interrogativi su quanto efficacemente le istituzioni riescano a intercettare chi, pur non rientrando nei parametri burocratici della povertà, versa in una condizione di estrema vulnerabilità.
Mentre la Procura di Monza avvia gli accertamenti del caso, la comunità di Sesto San Giovanni si interroga su come prevenire simili tragedie. Il dolore di una famiglia lontana, quella di Messina, si unisce al silenzio imbarazzato di un sistema che, pur con le migliori intenzioni, non sempre riesce a vedere chi sta per cadere.