Il Venezuela preoccupa Papa Francesco, i vescovi a Roma

Il Venezuela preoccupa Papa Francesco, i vescovi a Roma
Papa Bergoglio
7 giugno 2017

Jorge Mario Bergoglio è preoccupato per il Venezuela. Non da ora, ma l’avvitarsi della crisi ha fatto salire l’allarme oltre la soglia che solitamente frena il coinvolgimento diretto della diplomazia vaticana, e del Pontefice in persona, nella politica interna di un paese. Dopo che il cardinale Segretario di Stato negli ultimi giorni ha ricevuto nel Palazzo apostolico due esponenti di peso dell’opposizione al presidente Nicolas Maduro (foto), Francesco incontra domani i vertici dell’episcopato, giunti a Roma per una udienza straordinaria annunciata solo pochi giorni fa. Un’accelerazione frutto di almeno due motivi. L’aggravarsi di una crisi politica che ha già coinvolto nei mesi scorsi la Santa Sede – non senza divergenze interne – chiamata ad un difficile compito di facilitazione del tavolo di confronto tra Governo e opposizioni. E, più largamente, la crisi politica che spira sull’interno subcontinente dal quale Jorge Mario Bergoglio proviene, al quale – basti pensare alla svolta dei rapporti tra Cuba e Stati Uniti che ha patrocinato o all’accordo tra farc e governo che ha caldeggiato in Colombia, paese che visiterà a settembre – tiene e che, ora, guarda con apprensione. E così domani Jorge Mario Bergoglio riceve i vertici della Conferenza episcopale venezuelana che – su loro richiesta, come ha precisato la sala stampa vaticana – hanno chiesto pochi giorni fa di incontrarlo. Per esporgli “a viva voce”, hanno spiegato in un comunicato, “la grave situazione che vive il Venezuela”.

Da Francesco si presenteranno il presidente dell’episcopato, monsignor Diego Padron, il primo vice-presidente, monsignor José Luis Azuaje, il secondo vice-presidente, monsignor Mario Moronta, il segretario generale, monsignor Victor Hugo Basabe, e i cardinali Jorge Urosa Savino e Baltazar Porras, presidenti onorari della conferenza episcopale. La Chiesa cattolica non è monolitica sulla situazione venezuelana. “Il governo vuole presentare il Papa come un amico del governo e invece presentare noi come avversari del governo”, ha detto alla Radio vaticana il card. Urosa Savino. “Al contrario, noi stiamo nel popolo venezuelano che sta soffrendo molto, siamo molto uniti al Santo Padre e vogliamo respingere questa manipolazione che il governo ha voluto fare”. La proposta dell’episcopato – e dell’opposizione – è quella di arrivare a una negoziazione che porti a delle elezioni, a ricevere aiuti umanitari, alla liberazione dei prigionieri politici. “Queste proposte – ha detto il porporato – sono state fatte dal cardinale segretario di Stato Parolin in una sua lettera del 2 dicembre 2016, e sono le vie di uscita da questa situazione politica. Il governo deve capire che queste sono le cose che si devono fare per risolvere la crisi politica che abbiamo in questo momento”. Nei giorni scorsi il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano ed ex nunzio apostolico in Venezuela, ha ricevuto due esponenti dell’opposizione al presidente del Venezuela, Nicolas Maduro, il presidente della Assemblea nazionale, Julio Borges, e il deputato Stalin Gonzalez, capogruppo di Unidad Democratica, che ha dato la notizia dell’incontro su Twitter. Nelle ultime settimane il porporato si è apertamente schierato per la richiesta di un ritorno alle urne.

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Prima che la crisi degenerasse, mesi fa, Nicolas Maduro aveva parlato personalmente con il Papa in occasione di una sua non preventivata tappa a Roma ad aprile dell`anno scorso. Nel corso del 2016 la diplomazia vaticana ha preso parte come soggetto facilitatore al tavolo di mediazione tra Governo e opposizioni. Un tentativo, ha detto il Papa in persona il 29 aprile sul volo di ritorno dall`Egitto, che “non ha avuto esito perché le proposte non sono state accettate o venivano diluite”. Il 30 aprile, Francesco, che non ha mancato di sottolineare come anche le opposizioni si siano mostrate divise, aveva poi fatto appello “al Governo e a tutte le componenti della società venezuelana affinché venga evitata ogni ulteriore forma di violenza, siano rispettati i diritti umani e si cerchino soluzioni negoziate alla grave crisi umanitaria, sociale, politica ed economica che sta stremando la popolazione”. E in una lettera consegnata all`episcopato locale lo scorso venerdì 5 maggio tramite il nunzio monsignor Aldo Giordano, Francesco esprimeva la propria convinzione che “i gravi problemi del Venezuela possono essere risolti se c`è volontà per costruire ponti, se si desidera dialogare seriamente e rispettare gli accordi raggiunti”. La situazione venezuelana è di difficile situazione. La Santa Sede è preoccupata di un muro contro muro. “Il nostro amato Venezuela sta vivendo in una tragica situazione di Babele”, ha detto di recente mons. Giordano. Certo la credibilità di Maduro si è andata assottigliando nel corso dei mesi. “Non si riesce a trovare un punto comune. Gli spazi di incontro politico sembrano chiusi”, ha detto in queste ore il superiore dei gesuiti, il venezuelano Artuso Sosa, un passato da scienziato politico molto attento al progetto politico di Hugo CHavez. “Mancano cibo e medicine, la sofferenza del popolo cresce. Nelle persone è sempre più diffusa la volontà di un forte cambiamento. Bisogna seguire, però, la via della pace e della democrazia. La maggioranza del popolo chiede una soluzione pacifica. Ma i costi umani di questo processo sono troppo alti. Il governo deve ascoltare la gente che grida. E’ necessario trovare un accordo. Non sappiamo di quanto tempo avremo bisogno in Venezuela per riconciliare la popolazione e risanare le ferite che ci stiamo infliggendo”. Con l’incontro di domani il Papa gesuita, certamente, cercherà di far partire le lancette dell’orologio.

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