Caos autovelox, allarme multe: milioni di sanzioni a rischio annullamento
Scontro frontale tra Salvini e Comuni sugli autovelox “fuorilegge”. Il 60% dei dispositivi non rispetta i requisiti della Cassazione
È guerra aperta sul fronte degli autovelox. Da una parte il titolare del dicastero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, dall’altra l’Anci, l’associazione che rappresenta i sindaci italiani. Sul tavolo dello scontro, una questione esplosiva: la validità degli apparecchi di rilevamento della velocità e il destino di milioni di contravvenzioni, ora appese a un filo.
La bomba della Cassazione
La miccia è stata accesa dalla Suprema Corte con la sentenza 10505/2024, che ha tracciato una linea invalicabile: solo gli autovelox omologati – e non semplicemente approvati – possono elevare sanzioni legittime. E il discrimine temporale è netto: 13 giugno 2017, data spartiacque che rischia di far crollare un sistema che vale centinaia di milioni di euro l’anno.
I numeri choc
I dati emersi dalla ricognizione richiesta dal Mit parlano chiaro e fanno tremare le casse comunali: il 59,4% dei dispositivi fissi installati in Italia è stato validato prima della fatidica data, percentuale che sale addirittura al 67,2% per quelli mobili. Tradotto: la maggioranza degli autovelox attualmente in funzione sul territorio nazionale potrebbe essere fuorilegge.
L’effetto è stato immediato: una valanga di ricorsi ha investito i tribunali amministrativi, con automobilisti che chiedono non solo l’annullamento delle multe recenti, ma anche il rimborso di quelle già pagate. Uno scenario da incubo per le amministrazioni locali, che rischiano di dover restituire somme ingenti in un momento già critico per i bilanci pubblici.
Il decreto fantasma
Il decreto ministeriale che avrebbe dovuto mettere ordine nel caos, approvato e poi congelato lo scorso marzo da Salvini, è ora in un limbo normativo. Il testo prevedeva lo spegnimento temporaneo degli apparecchi non conformi in attesa di adeguamento, ma la sua applicazione è stata sospesa proprio mentre le polemiche divampavano.
“Vogliamo garantire trasparenza e l’uso degli autovelox esclusivamente per la sicurezza stradale, non per fare cassa”, tuona il ministro, che ha chiesto all’Anci “numeri certi” sulla presenza di autovelox fissi e mobili, “riconducibili ai decreti di approvazione pre e post 2017”.
Comuni con l’acqua alla gola
Il presidente dell’Anci, Gaetano Manfredi, cerca di gettare acqua sul fuoco: “Provvederemo a sollecitare ulteriormente gli altri Comuni”, assicura, ribadendo che “i numeri ricavati dalla ricognizione su mille comuni sono già affidabili”. Ma non nasconde l’urgenza: “Serve far fronte alla situazione non più procrastinabile di vuoto normativo”, ricordando che “la velocità rimane tra le prime tre cause principali della mortalità in strada”.
Un sistema in bilico
Mentre la diatriba tra Mit e Comuni prosegue, a pagare sono i cittadini, stretti tra l’incertezza normativa e la giungla dei ricorsi. Il nuovo testo che potrebbe vietare definitivamente l’uso degli autovelox più vecchi resta congelato, lasciando nell’incertezza milioni di automobilisti. La palla ora rimbalza tra i corridoi ministeriali e le sedi comunali, ma una cosa è certa: il sistema degli autovelox, così come lo conosciamo, è appeso a un filo. E con esso, centinaia di milioni di euro di sanzioni che potrebbero svanire nel nulla con un colpo di spugna giudiziario.
