Adolfo Urso: “Io unico ex An a tornare in campo”

Adolfo Urso: “Io unico ex An a tornare in campo”
L'ex vice ministro allo Sviluppo Economico, Adolfo Urso
31 gennaio 2018

E’ nato a Padova, ma cresciuto in Sicilia. Ed è proprio in questi due collegi che Adolfo Urso, 60 anni, ritorna in campo per un seggio al Senato. In Veneto, sarà candidato nelle liste di Fratelli d’Italia dietro Daniela Santanché; mentre nell’Isola, è in corsa insieme a Isabella Rauti. Quattro legislature alle spalle, l’ultima la XVIesima, conclusasi a marzo 2013. L’ex vice ministro per lo Sviluppo economico del governo Berlusconi, sostiene che “solo Giorgia Meloni, con la sua caparbietà e l’intelligenza, poteva riscostruire la destra italiana”. Per dirla con l’ex An, “un miracolo che tutti gli riconoscono”.

S’è goduta una pausa di 5 anni?

“Più che pausa, sono stati anni molto intensi, direi anche faticosi, essendo stato impegnato nella mia attività di servizi e internazionalizzazione delle imprese. Alla luce di questa esperienza, Giorgia Meloni mi ha chiesto di tornare in campo. Il vero patriota, come dice la stessa Giorgia, è l’imprenditore italiano, quindi, dell’impresa noi dobbiamo fare la nostra patria”.

A proposito, la salute delle nostre imprese?

“La salute delle imprese italiane è più drammatica di quanto appaia, specialmente quelle del settore costruzioni e infrastrutture che stanno perdendo i requisiti per partecipare alle gare internazionali, avendo vissuto la crisi di questi ultimi anni. Invece, tra i settori trainanti, possiamo annoverare quello farmaceutico e alcuni settori alimentari. Va anche detto, che ci sono nuove imprese che hanno puntato sulla tecnologia. Un fatto è certo: innovazione e internazionalizzazione è la formula vincente in questi ultimi anni per chi l’ha saputo fare e per chi l’ha potuto fare”.

Leggi anche:
India alle urne, un voto da un miliardo di elettori

Cosa è cambiato nel corso di questo lustro.

“Innanzitutto è stata spazzata via non solo la classe politica, ma quella dirigente in generale. E anche i corpi intermedi che Matteo Renzi ha delegittimato nella prima fase del suo governo. E’ questa la differenza tra la Francia e l’Italia, per dirne una. I nostri cugini d’oltralpe hanno una classe dirigente con il senso dello Stato e che tiene insieme una società definita, da molti analisti internazionale, da guerra civile. In sostanza, non si può lasciare la cosa pubblica all’incompetenza e all’inesperienza”.

Il suo alleato, la Lega, oggi è abbastanza cresciuto.

“L’ultima volta che mi sono candidato nel Veneto, come capolista di Alleanza Nazionale, nel 2006, guadagnammo il 30% rispetto al 2001, scavalcando la Lega”.

E quindi…

“Voglio dire che anche nel Veneto, ci può essere una destra che guarda alle imprese, che parla il linguaggio della produzione e che può competere all’interno di una coalizione di alleati anche con la Lega”.

Ha sentito in questi anni a Giancarlo Fini?

“Sul piano politico, il giudizio è assolutamente negativo. Lasciai Fini agli inizi del 2011 in quanto non condivisi il portare fuori dal centrodestra Futuro e Libertà. Quindi, continuai la mia battaglia all’interno della coalizione. Sono stato l’artefice nel 2012 della candidatura di Nello Musumeci a governatore della Sicilia e che non ha vinto per colpa proprio di Gianfranco Fini, Raffaele Lombardo e Gianfranco Miccichè. Sul piano umano, invece, a me non piace partecipare ai plotoni di esecuzione a guerre finite”.

Leggi anche:
Onu, Usa hanno votato contro l'ammissione della Palestina

Se l’ha spettava Silvio Berlusconi in prima linea ancora del 2018?

“Io, forse sì. Ma se lo aspettavano gli italiani. Nella caduta della classe dirigente italiana, Berlusconi è rimasto in piedi. E non poteva essere altrimenti, è un grande combattente”.

Segui ilfogliettone.it su facebook
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a redazione@ilfogliettone.it


Commenti