Boschi, Letta o Serracchiani. Nel Pd c’è chi ragiona sul “dopo”

Boschi, Letta o Serracchiani. Nel Pd c’è chi ragiona sul “dopo”
17 agosto 2015

di Carlantonio Solimene

E se nel Pd ci fosse qualcuno pronto a pugnalare alle spalle Renzi? Non tra gli esponenti della minoranza Pd, attenzione, ma proprio tra i renziani della prima, seconda o terza ora? Paventate un’ipotesi del genere tra i Dem e subito fioccheranno smentite di ogni sorta. Ma si sa che quando arrivano le smentite in genere ci sono anche le voci che le originano, e nelle ultime settimane le voci di presunti complotti sono cominciate a circolare. A dare origine al tutto è stata l’intervista di Calderoli a Repubblica nella quale si paventavano possibili malumori sull’asse Renzi-Boschi. Con la brillante Maria Elena sulla linea della chiusura a ogni trattativa e desiderosa di intestarsi, dopo l’Italicum, anche un altro passaggio storico come il superamento del bicameralismo perfetto. E c’è chi ha insinuato che, sotto sotto, l’ex avvocato aretino spinga per la rottura con la minoranza Pd proprio per fare le scarpe al suo pigmalione e insediarsi al suo posto a Palazzo Chigi. Fantapolitica: anche perché una caduta di Renzi significherebbe anche uno stop alla riforma della stessa Boschi. Eppure da Palazzo Chigi si sono affrettati a far filtrare che tra il premier e Maria Elena fila tutto a meraviglia. Semmai qualche attrito c’è stato tra miss riforme e Luca Lotti. Il che equivale a dire: Renzi stesso.

Si vedrà. L’altra pista riguarda Enrico Letta. C’è chi dice che il suo vagabondare europeo serva a riaccreditarsi con i leader stranieri per un ipotetico ritorno a Palazzo Chigi che sarebbe salutato con gioia dalla minoranza Pd e da Forza Italia. Il sodale Francesco Boccia definisce assurda l’ipotesi, ma è proprio la defenestrazione di Letta a dimostrare come complotti e congiure, tra ex democristiani, non siano mai da escludere. Perché una cosa è certa: nel Pd per i renziani «originali» è difficile trovare qualcuno di cui fidarsi a occhi chiusi. I gruppi parlamentari, fino a poco più di un anno fa, erano per quattro quinti di osservanza bersaniana. Poi c’è stata la rivoluzione rottamatrice che ha convertito (quasi) tutti, ma l’attitudine al cambio di bandiera non può certo essere sottovalutata. E ad approfittarne, magari in un futuro non tanto lontano, potrebbero essere quei leader che hanno un pedigree maggiormente di sinistra rispetto al premier. Dove trovarli? È semplicissimo: tra i presidenti delle Regioni. Ce ne sono almeno una al Nord (Deborah Serracchiani in Friuli), uno al Centro (Nicola Zingaretti nel Lazio) e uno al Sud (Michele Emiliano in Puglia). Senza contare altri “papabili” più defilati come Chiamparino in Piemonte. Insomma, per Renzi i tempi del “dopo di me il diluvio” sembrano essere finiti. In privato c’è già chi, tra il serio e il faceto, ipotizza successioni.

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