Dalla Striscia alle cure italiane: la notte del grande ponte aereo per 17 piccoli palestinesi
L’Italia prima in Occidente: 232 bambini di Gaza salvati e curati dai nostri ospedali.
Tre aerei dell’Aeronautica Militare italiana hanno portato in salvo dall’inferno di Gaza un nuovo gruppo di bambini palestinesi gravemente malati. L’operazione, la più complessa finora, si è svolta nella notte. Il primo velivolo, un C-130, è atterrato alle ieri alle 23.02 all’aeroporto militare di Ciampino. Ad accoglierlo, il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, in rappresentanza dell’esecutivo. Gli altri due aerei – un Boeing 767 e un secondo C-130 – hanno toccato terra nelle basi di Pratica di Mare e di Torino. A bordo, 17 piccoli pazienti critici, insieme ai loro familiari o accompagnatori. In totale, 80 persone ora al sicuro.
Il ponte aereo umanitario, coordinato dalla Presidenza del Consiglio e realizzato con il raccordo tra Farnesina, Difesa, Interno e Protezione Civile, segna un nuovo record. Con questi 17 bambini, sale a 232 il numero dei minori gazawi evacuati e curati nel nostro Paese dall’inizio del conflitto. Un primato che l’Italia si è guadagnata sul campo, confermandosi la prima nazione occidentale ad aver organizzato e mantenuto un corridoio sanitario così articolato dalla Striscia. Un’azione che non si ferma qui, ma che si inserisce in una strategia più ampia, che include il progetto “Food for Gaza” per gli aiuti alimentari.
Tajani: “Scelta politica per costruire la pace”
“L’Italia vuole essere protagonista per aiutare la popolazione civile a costruire la pace in quell’area martoriata”. Così il ministro Tajani, parlando ai microfoni del Tg2 da Ciampino, ha spiegato il senso profondo dell’impegno italiano. “Questo lavoro svolto a livello umanitario è una scelta politica – ha dichiarato senza mezzi termini il titolare della Farnesina – significa costruire la pace e aiutare Gaza ad arrivare alla seconda fase del piano americano”. Una missione resa possibile anche dalla “grande solidarietà di tutti gli ospedali italiani”, che hanno aperto le loro porte senza esitazione.
Tajani ha colto l’occasione per tracciare un bilancio delle iniziative in corso. Ha ricordato che “l’altro ieri è partito alla volta di Gaza un aereo con poco meno di 100 tonnellate di beni alimentari”, ringraziando Coldiretti, Confagricoltura e Conad per il sostegno. E ha annunciato che “alla vigilia di Natale arriverà a Port Sudan un altro cargo organizzato dal ministero degli Esteri con aiuti alimentari per donne e bambini”. Una chiara volontà di non dimenticare le altre crisi, come quella sudanese, “di cui si parla troppo poco”. L’operazione di ieri notte è stata realizzata in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità e il Meccanismo Europeo di Protezione Civile.
Un corridoio vitale tra bombe e diplomazia
L’evacuazione medica dalla Striscia di Gaza rimane un’impresa logistica e diplomatica di altissimo livello. Ogni volo richiede delicate trattative, garanzie di sicurezza e una coordinazione perfetta tra forze armate, istituzioni sanitarie e organizzazioni internazionali. I bambini, selezionati in base alla gravità delle loro condizioni e all’impossibilità di essere curati negli ospedali di Gaza ormai al collasso, affrontano un viaggio dalla forte valenza simbolica oltre che medica. Per loro, l’Italia rappresenta l’unica possibilità di sopravvivenza e di un futuro.
Il governo Meloni, attraverso questa operazione continua e strutturata, punta a consolidare un ruolo di primo piano nel panorama diplomatico mediorientale, fondato su un pragmatismo umanitario. Un modo per tenere accesi i riflettori sulla tragedia dei civili, mantenere un canale di dialogo con le parti in gioco e preparare il terreno per quella “seconda fase” del piano di pace a cui allude Tajani. Mentre la guerra infuria, Roma lavora per salvare vite, un bambino alla volta, costruendo un capitale di credibilità che potrebbe rivelarsi decisivo al momento opportuno.
La sfida dell’accoglienza e del dopo-cure
Ora, per i 17 nuovi arrivati, inizia la sfida delle cure. Verranno distribuiti in strutture sanitarie d’eccellenza in tutta la Penisola, dove riceveranno le terapie necessarie. Ma l’impegno italiano non si esaurisce con l’intervento chirurgico o la terapia intensiva. C’è il complesso capitolo dell’accoglienza dei familiari, del supporto psicologico per traumi indicibili, e della gestione del periodo di convalescenza in un Paese straniero. Una macchina della solidarietà che coinvolge regioni, comuni, volontariato e che deve funzionare a lungo termine.
L’iniziativa “Food for Gaza” e gli aiuti al Sudan mostrano come la strategia del governo tenti di affrontare la crisi a 360 gradi, combinando l’emergenza sanitaria immediata con la lotta alla fame, altra piaga devastante per la popolazione civile. Un approccio integrato che cerca di rispondere alle necessità più urgenti, consapevole che senza un minimo di stabilità e dignità umana, ogni discorso sulla pace rimarrebbe pura retorica. Il lavoro silenzioso dei medici e degli operatori italiani diventa, in questo quadro, un tassello fondamentale di una possibile ricostruzione futura.
