A Forlì “L’Eterno e il Tempo”: tra Michelangelo e Caravaggio

12 febbraio 2018

Una mostra sontuosa dedicata al Cinquecento, il secolo d’oro che ci ha traghettato verso la modernità. A Forlì “L’Eterno e il Tempo, tra Michelangelo e Caravaggio” va dal “Cristo risorto Giustiniani” dell’artista della Sistina, alla Madonna dei Pellegrini di Michelangelo Merisi. Quasi un secolo di storia, dal Sacco di Roma alla Riforma al Concilio di Trento. Gianfranco Brunelli, direttore generale del comitato scientifico della mostra: “Questa è una mostra ricca di grandi nomi, da Michelangelo a Caravaggio, da Raffaello a Rosso Fiorentino, da Pontormo a Tiziano, da Veronese a Ludovico e Annibale Carracci a Rubens. Molti grandi nomi. E’ una mostra emozionante ma è anche un grandangolo su un periodo culturale e artistico e dunque ha bisogno anche di una fotografia, di un fermo immagine, su artisti che vengono ritenuti minori ma che in realtà hanno anticipato, testimoniato e segnato un’epoca, quest’epoca d’oro che è stata il 500”. Protagonisti al San Domenico il dramma e il fascino di un secolo che vide convivere il tramonto del Rinascimento, e il nuovo orizzonte del manierismo. Daniele Benati, del comitato scientifico della mostra: “Il 900 si è molto dedicato allo studio di questa pittura, ma una mostra di questa complessità non era mai stata pensata. Neanche a Roma dove ci sono gli esempi più importanti. Dobbiamo essere molto grati soprattutto al fondo Edifici di culto di Roma che ci hanno prestato una serie di pale da altare proveniente dalle maggiori chiese romane e che si possono vedere finalmente da vicino in questa occasione”. Nelle sale e nella ristrutturata chiesa di San Domenico, si può ammirare fino al 17 giugno anche un il quadretto di El Greco, “Ragazzo che soffia su un tizzone acceso”. Al vernissage, anche Vittorio Sgarbi: “in generale la cultura legata al mondo dell’arte è sottostimata rispetto alla letteratura, però qui siamo di fronte a dei testi capitali, per cui che Forlì abbia ardito tanto mi sembra cosa giusta, e che sia un modo per dire ai giovani che questo è il fondamento stesso della nostra civiltà occidentale”.

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