“Il M5S distrugge il M5S”: a che punto è lo scontro Conte-Di Maio

“Il M5S distrugge il M5S”: a che punto è lo scontro Conte-Di Maio
Giuseppe Conte e Luigi Di Maio
1 febbraio 2022

“Il Presidente può essere sfiduciato con delibera assunta all`unanimità dai componenti del Comitato di Garanzia e/o dal Garante, ratificata da una consultazione in rete degli Iscritti, in conformità a quanto previsto dal presente Statuto”. D’altro canto “Il Comitato di Garanzia, o suoi singoli componenti, su iniziativa congiunta del Garante e del Presidente, può/possono essere sfiduciato/i dall`Assemblea”. Conta interna o scissione? C’è un clima non troppo cordiale nel Movimento 5 stelle, dopo l’apertura dello scontro fra il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e il leader Giuseppe Conte. Per questo può essere utile consultare lo statuto al fine di immaginare quali possono essere gli sbocchi ultimi di questo scontro interno: l’ennesimo, in una forza politica che ha passato i primi anni della sua vita ad accusare la stampa di inventare o di gonfiare ad arte le tensioni interne. Diversamente dal lontano passato, peraltro, i contendenti non hanno alcuna intenzione di fingere un fair play reciproco che serva almeno a riconfermare simbolicamente l’appartenenza alla stessa comunità. In estrema sintesi, entrambi i fronti accusano l’altro di volere le elezioni anticipate o di avere consapevolmente esposto tutti al rischio di arrivarci.

La colpa più grave, agli occhi dei gruppi parlamentari stellati, che chiedono continuità dell’azione di governo (vista l’emergenza sanitaria ed economica) ma anche della legislatura (viste le proiezioni fosche sul numero di eletti alla prossima tornata). I fedelissimi del leader accusano il ministro degli Esteri di “comportamenti illeciti” e di “muoversi come se avesse una corrente che però è vietata”. E soprattutto di aver lavorato per sé: con Mario Draghi salito al Quirinale anche grazie a lui, si sarebbe fatto un nuovo governo “e Conte aveva detto che serviva come da statuto il voto degli iscritti, che avrebbero detto di no. Quindi urne anticipate o scissione, con Di Maio a svolgere il ruolo di Cossutta in occasione della crisi del primo governo Prodi, a portarsi una pattuglia di 50 per votare la fiducia al nuovo governo”. E “il ragazzo (letterale, ndr)” avrebbe avuto uno “sponsor potente a garantirgli un futuro d’alto livello” anche se si fosse trovato fuori dal Parlamento.

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Le voci più vicine a Di Maio, invece, dicono che il rivale ha cercato di “far saltare la maggioranza già con l’operazione Frattini. E strizzare l’occhio a Di Battista, che ha sempre detto di volere il M5S all’opposizione di Draghi, va in questa direzione”. Quindi, spiegano, “cercano di delegittimare l’unico forte in grado di evitare questo scenario”. Conclusione: “Se gli attuali vertici cambiano idea si salva la baracca, altrimenti non lo so”. Nemmeno Di Battista è stato in grado di minacciare una scissione: Di Maio, certo, ne avrebbe la forza. Un alto dirigente del M5S delle origini commenta, sempre al riparo dell’anonimato, che “non so se per stupidità o per masochismo o per deliberato progetto distruttivo di cui sarebbe interessante capire l`utilità e per chi, Luigi Di Maio ha aperto un fronte offrendo il M5S al pubblico ludibrio che però non ha nessun motivo di esistere. Rimane l`amarezza che, invece di lasciare agli atti di questa elezione lo sfracellarsi del centrodestra dopo la conta sulla Casellati, come sempre accade il M5S distrugge il M5S”.

Insomma, “una tempesta di merda”, per citare un osservatore interno fra i più acuti, che ricorda come “in discussione non ci siano temi politici, come l’articolo 18, l’aborto, la scuola. E’ solo una contesa di potere. Una follia da qualsiasi lato la guardi, il tweet bombing organizzato contro il ministro con l’uso di una società di comunicazione (smentito però dalle fonti contiane che fanno girare l’analisi di uno studioso che nega lo ‘scoop’ sui profili falsi, ndr) o le truppe dimaiane che serrano i ranghi contro Conte, facendosi aiutare dal grande centro di Marcucci Brunetta e Boschi…”. Secondo una fonte parlamentare alquanto defilata rispetto allo scontro, “Conte ha fatto una roba sgrammaticata nella fase del negoziato ma non ha intenzione di tornare da Salvini, col quale ha un rapporto pessimo. Di Maio vuole affermare il suo potere interno, avere quote nei luoghi decisionali ma la vera differenza fra i due è il rapporto con Draghi. Però Conte, per quanto possa avere antipatia per il premier non vuole andare al voto, perderebbe tutti i gruppi parlamentari”.

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Fra i contiani, c’è chi non crede alla rottura definitiva: “Trovo improbabile – dice un parlamentare di grande esperienza – la versione che girava della scissione, al limite sarà stata questione delle ultime ore della vicenda Quirinale, quando Conte gli ha detto ‘se si vota Draghi si va a un nuovo governo e io chiedo agli iscritti, che mi diranno di no. A quel punto forse Di Maio ha fatto un ragionamento dell’ultima ora sull’exit strategy e ha interpellato i suoi”. Ma le cose, nel campo avverso, non stanno così: “La scissione è inevitabile – scandisce un dimaiano in genere piuttosto moderato – anche se magari poi si va in coalizione, si prendono più voti e si trova il modo di andare d’accordo. Questa situazione non può andare avanti così: in teoria ci si potrebbe sempre chiarire ma fra quei due i chiarimenti non avranno esiti positivi”.

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